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Grande Nord al voto del 26 maggio. Bernardelli e Rizzi: la resistenza del Nord riparte da qui

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di STEFANIA PIAZZO – “Ormai la politica è diventata la radicalizzazione dello scontro, vince chi arriva primo. Con tutti i mezzi. Solo il risveglio delle coscienze può liberare i cittadini da questo torpore. Ci vuole coraggio. Il 26 maggio Grande Nord è in campo in decine e decine di comuni del Nord. La vera resistenza riparte da qui”. Lo spiega a lindipendenzanuova Roberto Bernardelli, presidente di Grande Nord. La confederazione si è messa in gioco dal Piemonte al Veneto all’Emilia alla Liguria… scendendo in campo in decine di comuni, sia in alleanze elettorali di programma con liste civiche sia in corsa solitaria anche con propri candidati sindaco. Con Bernardelli, c’è Monica Rizzi, segretario federale organizzativo di Grande Nord.

Onorevole Bernardelli, oggi sembra che il paese sia polarizzato solo verso chi promette soluzioni dietro l’angolo col motto prima gli italiani. Grande Nord ha invece un nome che è un progetto ben diverso. Ce lo spiega?

“Certo, il progetto è il Nord. Non è la questione immigrazione o gli indagati che sono al governo. Invece assistiamo al gioco dei bussolotti con cui si sostituisce la questione settentrionale, viva, ferita aperta, con la questione immigrazione. Il residuo fiscale, 100 e più miliardi del Nord, è sacrificato sull’altare della patria tutto tricolore e partito nazionalista unitario che raccatta voti al Sud cambiando pelle negando l’evidenza. Le pare un progetto da statista, questo? A noi sembra un progetto di occupazione della democrazia e di gestione del potere”.

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Eppure il tema della sicurezza fa incassare consensi. Esiste un antidoto al voto populista?

“Perché è facile riscuoterli, i consensi, agitando le paure. Questo non vuol dire che non vi sia un problema di disagio sociale e di insicurezza o di impunità che viene anche da un sistema giudiziario che lascia a desiderare. L’antidoto è generare sicurezza e giustizia sociale e sono fattori che non si creano parlando dai balconi o facendo il giro della madonna pellegrina nei paesi. Al Nord viene di fatto negata la possibilità di vivere delle proprie risorse. Le tasse restano nelle casse dei ministeri, nella gola profonda di Roma. Vada in giro a parlare con i nostri sindaci, sono disperati. Non hanno risorse, non possono offrire case ai nostri cittadini, servizi e strade e scuole e aiuto ai nostri lombardi, veneti, piemontesi. Ma se lo ricorda il sindaco di Esine Lario che, provocatoriamente, ha messo all’asta il paese? Questi sono i problemi reali, non le felpe della polizia da indossare per sentirsi vicino a chi rischia la vita. Si mettano per una volta nei panni dei sindaci, e provino con la loro sicumera a governare un ente locale che non ha risorse grazie al centralismo. L’antidoto si chiama autonomia, confederazione di macroregioni. Non è una passeggiata arrivarci, ma noi questa strada l’abbiamo imboccata e non ci sono vie migliori. Mi pare che la Svizzera funzioni bene. O vogliamo dire che è meglio questo Stato al 42% di tasse con l’Iva dietro l’angolo al 25%?”.

Quindi la partita si gioca sul tempo, Rizzi? L’economia chiede il conto, prima o poi. Sarà la crisi a incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e partiti ora egemoni?

“Noi diciamo che abbiamo messo in campo le donne e gli uomini migliori in tutto il Nord per il voto del 26 maggio prossimo – spiega Monica Rizzi, segretario organizzativo federale della confederazione Grande Nord-.  Sarà il nostro buon governo, avere una alternativa credibile, essere in maggioranza o in opposizione e fare bene l’opposizione, a creare le condizioni per una alternativa più ampia. Noi partiamo dal territorio, non partiamo da Roma! Che poi l’Italia sia ultima in Europa per crescita del Pil non lo dico io, ci sono i dati europei, lo dice Confindustria, lo dicono i commercianti, lo dicono i consumi. Guardi, le “dittature democratiche” non durano in eterno”.rizzi

 

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Dove vi presentate, nelle regioni del Nord?

“Posso dire – prosegue Rizzi – che capillarmente siamo davvero in tantissimi comuni, grandi o piccoli. Siamo dentro liste civiche, in corsa solitaria, in gioco comunque perché crediamo sia necessario partire da qui. Lo sforzo è stato immane, tra raccolta firme, corse contro il tempo a volte, ma con un entusiasmo che non immaginavo potesse ancora fiorire. Le sale sono piene quando con il presidente Bernardelli ci muoviamo per aprire sezioni o per sostenere i nostri candidati. E stiamo crescendo, in numeri e qualità di adesioni”.

Grande Nord che visione ha dell’Europa?

“Siamo europeisti – risponde Roberto Bernardelli -. Non vogliamo subire il ritorno agli staterelli, ai nazionalismi che avvelenano i pozzi di odio e rancore e guerre tra fratelli. L’Europa però deve darsi una mossa, risvegliarsi, e arginare questa ondata di populismo che cavalca e non governa l’immigrazione, che cavalca e non governa la politica fiscale, che cavalca e non governa promesse facili sul lavoro. Alla fine, hanno partorito solo assistenzialismo. E le aziende? E le imprese? E i disoccupati? E le famiglie che hanno bisogno di aiuto? E il Nord? Hanno persino ritagliato dalle bandiere di una sezione la parola Nord. Hanno detto che era uno scherzo, una goliardia. Macché, a me pare sia verità. Difendono i forestali calabresi che sono più numerosi del Canada, hanno rifatto il ministero per il Sud. Io non credo che questo idillio elettorale di consensi sarà per sempre. Sono fenomeni che durano ma tutte le monarchie sono cadute, se ne facciano una ragione”.

Il Nord quando tornerà protagonista?

“Se lavora e vota per difendere i propri diritti, prima di quanto si possa immaginare – commenta Monica Rizzi -. Se corre dietro al negazionismo che lo cancella dalla politica, come accade ora, i tempi saranno più lunghi. D’altra parte va detto che la questione settentrionale, l’ultima volta che fu avvistata in maniera incontrovertibile e palese in seguito ad un voto popolare, fu  nel 2008. Ma c’era Umberto Bossi, e qualcosa ancora scaldava il sangue del Nord. Esisteva ancora un quotidiano che si chiamava La Padania. E che lei, prima di dirigere lindipendenzanuova, ha diretto. Persino il giornalista  Piero Ostellino raccontava in due interventi sul Foglio e sul Riformista che quel voto di aprile aveva improvvisamente riaperto la “questione settentrionale”, ossia precisamente il grande nodo economico-sociale su cui nel 1994 – dodici anni fa – era nata la seconda Repubblica (Diamanti, Mannheimer, 1994)”.

Modello quindi Svizzero, mi pare di capire, onorevole Bernardelli?

“Una bella confederazione di macroregioni, ciascuno padrone a casa propria, uniti ma diversi, rispettosi dei propri territori, delle risorse che ciascuno produce. Ci fu il tentativo di dare un senso al federalismo fiscale in un recente passato, ma fu un fallimento. Roma è solo sabbie mobili…. Da allora nulla. A parte, direi, l’arrivo di Grande Nord. Rivendichiamo il fatto di essere i soli ad aver raccolto la bandiera del Nord e di averla di nuovo issata con orgoglio. Non vogliamo morire, per noi, per i nostri figli, schiacciati da un’unità artefatta e viziosa che serve solo a ingrassare i consensi e non a dare libertà alla nostra terra. Vede, il Nord, la parte più produttiva e operosa del Paese, che mantiene le pensioni di invalidità farlocche, le baby pensioni, il reddito di cittadinanza, i lavoratori socialmente utili, la sanità devastante di certe regioni del Sud perennemente commissariate, non può restare per sempre senza un voce. Grande Nord gliela sta dando. Date fiducia al nostro coraggio, non cadete nella facile radicalizzazione o destra o sinistra. Ieri più di oggi la questione vera è la contrapposizione reale tra Nord e Sud. Così non si va da nessuna parte, neppure si può restare in Europa a queste condizioni che generano solo debito. E’ per questo che ci vedono come zimbelli, non perché non si fermano i barconi a Lampedusa. A proposito, quelli, i barconi, non hanno mai smesso di arrivare. Se poi volete saperne di più del nostro programma e della nostra organizzazione territoriale, seguiteci su www.grandenord.org.”.

 

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