Google prevede di aggiungere funzionalità di intelligenza artificiale conversazionale al suo motore di ricerca. Lo ha rivelato Sundar Pichai, amministratore delegato del colosso americano, al Wall Street Journal. Secondo il manager, i progressi nell’intelligenza artificiale aumenterebbero la capacità di Google di rispondere alle domande, anche le più complesse, in tempo minore e con un più alto grado di affidabilità. Nessun rischio quindi ma tanti vantaggi: “Lo spazio di opportunità, semmai, è più grande di prima”, ha detto Pichai durante l’intervista. L’ad non ha rivelato quando sarà possibile chattare con Google per avere risposte ai quesiti posti ma, per il Journal, il progetto non dovrebbe essere molto lontano dal rilascio, se non altro per non perdere troppo il passo nei confronti di Microsoft, che ha già integrato ChatGpt in una versione sperimentale del proprio motore di ricerca, Bing. Due mesi fa, Google ha reso disponibile, per test interni, Bard, il chatbot concorrente di ChatGpt, che si basa sul linguaggio di intelligenza artificiale proprietario PaLM, personalizzazione dei Large Language Model (LLM) da cui lo stesso ChatGpt deriva. Pichai ha spiegato che l’obiettivo di Google è permettere agli utenti di interagire direttamente con i modelli linguistici attraverso chat semplici e accessibili via web. Secondo gli ultimi dati dell’agenzia Similarweb, Google detiene oltre il 90% di tutte le ricerche eseguite al mondo su internet, tra dispositivi mobili e computer. Dietro di lei Yahoo e Bing, entrambi poco oltre il 3%.
OpenAI, la società che sviluppa il chatbot ChatGpt, potrebbe essere citata in giudizio per diffamazione. L’intelligenza artificiale ha infatti associato al neo-sindaco di Hepburn Shire, una cittadina a nord-ovest di Melbourne, una pena detentiva per corruzione, mai avvenuta. Brian Hood è stato avvisato dai suoi concittadini, che hanno utilizzato il chatbot per saperne di più sul suo conto. L’IA ha dunque collegato il nuovo sindaco ad uno scandalo di corruzione dei primi anni 2000, che coinvolgeva una filiale della Reserve Bank of Australia. Brian Hood, come riportato dalla Reuters, ha effettivamente lavorato per una filiale della Reserve Bank, la Note Printing Australia, scoprendo un giro di tangenti a funzionari stranieri per l’assegnazione di alcuni contratti di fornitura. Non è mai stato accusato di alcun reato. Il sindaco ha dato mandato al suo legale di inviare una lettera a OpenAI, per chiedere di correggere l’errore ed eliminare la cosiddetta ‘allucinazione’, ossia la risposta errata fornita da ChatGpt. Ad oggi, l’organizzazione non ha risposto alla richiesta formulata il 21 marzo dall’avvocato di Hood. Qualora la causa dovesse andare avanti, si tratterebbe della prima volta in cui un’azienda debba rispondere per fatti ‘commessi’ dalla sua intelligenza artificiale. “Sarebbe potenzialmente un momento storico, perché la legge sulla diffamazione verrebbe applicata ad una nuova area dell’intelligenza artificiale” ha detto a Reuters, James Naughton, partner dello studio legale di Hood, Gordon Legal. “È un funzionario eletto, la reputazione è fondamentale per il suo ruolo. Quindi per lui fa molta differenza se le persone possono accedere a tali informazioni, liberamente”.