di Paola Goisis – Non è vero che la sanità veneta è eccellenza assoluta. Di certo la tempestività con cui la Regione ha affrontato il contenimento del virus ha fatto la differenza. Ma il territorio soffre. La sanità non è quella che vedere in conferenza stampa. E’ anche altro.
La bassa padovana è in grave sofferenza, solo l’ospedale di Schiavonia passerà da 360 a 180 posti letto. Come mai visto che le norme regionali indicano 3 posti letto ogni 1000 abitanti? E dove vanno i cittadini che non possono essere ricoverati vicino a casa? Occorre chiedere un letto altrove.
Ve la ricordate la protesta dei sindaci davanti all’ospedale prontamente sanzionata dalla polizia municipale nel comune a guida leghista? Primi cittadini colpevoli di difendere gli interessi del territorio.
Era l’11 aprile.
E un un gruppo per nulla sparuto di primi cittadini, che eversivi non sono, aveva deciso di alzare la voce e di far sapere tutta la loro pubblica contrarietà, in un momento di emergenza, allo spostamento dell’ospedale della Bassa padovana.
Morale? Arriva la polizia locale e identifica tutti. Pure il giornalista presente. Non c’era motivo per cui nell’esercizio del loro mandato si potessero spostare? Non c’era ragione di farsi vedere in un momento così difficile davanti all’ingresso del Madre Teresa, l’ospedale Covid di Padova? In fin dei conti l’ospedale della Bassa padovana serviva appena 180mila abitanti. E loro sono solo dei piccoli insignificanti pubblici ufficiali. Insomma, i sindaci erano sarcasticamente invitati ad autocertificarsi. Noi vorremmo invece che la sanità pubblica veneta certificasse le ragioni del taglio così violento dei posti letto. Non esistono solo tamponi e test per dimostrare l’efficienza. Né per giustificare il fatto che in Veneto esisterebbero cittadini che hanno diritto ad un posto letto e altri che invece devono dividerlo in due. E’ un nuovo modello matematico del governatore?
Paola Goisis, Partito dei Veneti-Grande Nord