Crisi di governo e nuove elezioni. Tra la caduta del governo Conte e il ritorno alle urne potrebbe mettersi di traverso la riforma fortemente voluta dai 5 stelle che taglia il numero dei parlamentari. Se la riforma dovesse superare l’ultimo scoglio di Montecitorio, il via libera avrebbe ricadute sul possibile ritorno anticipato alle urne, spostando in la’ le lancette fino alla prossima primavera inoltrata. Questo perche’, dopo il via libera finale del ddl costituzionale, si dovrebbero svolgere una serie di adempimenti tecnico-formali, previsti dalla Costituzione stessa e non, che impedirebbero di votare non prima di maggio o giugno del 2020. Ne consegue, che se una forza politica dell’attuale maggioranza intendesse tornare a elezioni in tempi rapidi, dovrebbe ‘impedire’ che la battaglia storica del Movimento 5 stelle vada a buon fine e l’unica strada certa, non legata alle incognite del voto in Aula, sarebbe quella della fine anticipata della legislatura. Giunta ormai all’ultima lettura, la riforma attende solo il via libera definitivo da parte della Camera. Il ddl costituzionale e’ gia’ calendarizzato per l’Aula il 9 settembre e, se le Camere non dovessero essere sciolte prima nel caso la situazione dovesse ulteriormente precipitare, non piu’ tardi di mercoledi’ 11 o al massimo giovedi’ 12 settembre l’Aula di Montecitorio dovrebbe dare l’ultimo via libera alla riforma. Sempre che le forze politiche o alcune di esse che finora hanno appoggiato il taglio dei parlamentari, non si sfilino prima, facendo venire meno i numeri per l’approvazione. I 5 stelle, infatti, da soli non avrebbero la forza numerica per l’ok finale senza la Lega. Vero e’ che difficilmente le diverse forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, rischierebbero di intestarsi una battaglia a favore della ‘casta’. Dunque, se la riforma verra’ approvata, in quel caso si inneschera’ automaticamente l’iter necessario perche’ diventi effettivamente legge. C’e’ pero’ un precedente, simile ma non identico, da ricordare. A fine 2005 l’allora maggioranza di centrodestra approvo’, senza i due terzi dei voti necessari per evitare il possibile svolgimento del referendum, la riforma costituzionale ribattezzata ‘Devolution’. Ma la legislatura era agli sgoccioli e allora il referendum fu rinviato alla primavera successiva e si svolse il 25 e 26 giugno del 2006 (con l’esito finale della bocciatura della riforma), quando ormai gli equilibri politici erano ribaltati, con il centrosinistra al governo e il centrodestra all’opposizione.