Giustizia, funziona per i giudici ma non per noi comuni cittadini

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di Tiberio Gracco –  In Italia la Giustizia funziona SOLO PER I GIUDICI, mentre, per tutti gli altri cittadini è esclusivamente una tragica presa in giro. La struttura organizzativa della giustizia italiana la si ritrova soltanto nei paesi soggetti a dittature ed in quelli del quarto mondo. Analizziamo anzitutto il significato di GIUSTIZIA . A parere della stragrande maggioranza dei cittadini Giustizia è “fare quello che il pensiero comune ritiene accettabile” .

Per i sostenitori della giustizia italiota “giustizia è rispettare un sistema di regole completo e ben articolato, a prescindere dal contenuto etico”.

Attenti bene. Anche sotto Hitler c’era la “loro giustizia” perchè bruciare gli ebrei era previsto dalle loro regole, rigorosamente rispettate. A completamento di questa insana teoria esiste la struttura delle Leggi italiane , scritte e gestite dai burocrati.

E’ ben vero che le Leggi trattando di rapporti umani non possono essere quasi mai costituite da regole matematiche, ma è altrettanto vero che per le Leggi italiane un tizio che uccide un’altra persona , può essere considerato, a parità di prove , un santo, oppure un delinquente. Davanti a situazioni del genere ( che in Italia non sono una eccezione) c’è solo una alternativa : o è sbagliata la Legge, o è sbagliato il giudice.

Ma esaminiamo ora i giudici, sotto l’aspetto umano-organizzativo. Un giudice, in Italia, si laurea in Legge, vince un non massacrante concorso nazionale e tac! Si mette a discettare ( e ahime a decidere) su innocenza e colpevolezza.

Per “giudicare” su che cosa si basa ? Si basa su regole dichiarate BUONE da un Parlamento (sistematicamente ignaro di problemi organizzativi) e accettate passivamente dai suoi colleghi più anziani per I quali la cosa essenziale è data semplicemente dal fatto che la Legge permetta loro di decidere rispettando esclusivamente un qualcosa di puramente formale.

Su queste regole Leggi e sui Regolamenti che vengono attuate impazza un campione della disorganizzazione: la burocrazia. Ed ecco il materiale con cui, unitamente alle documentazioni di una inchiesta, i giudici operano.

Ma partiamo da un base originaria. Prendiamo un qualsiasi gruppo di persone, oneste e mediamente colte, mettiamole insieme e facciamole operare con I documenti sopra citati. I giovani virgulti che cosa hanno a disposizione? L’esperienza dei colleghi più anziani ed un po’ di buon senso. Ecco però profilarsi l’inghippo.

Ogni cittadino che vive nel mondo, oltre  ad attingere alla cultura di base e ai colleghi più anziani aumenta la sua esperienza attraverso conoscenze  esterne e ad esperienza di errori fatti. Propri e altrui. E con questo bagaglio aggiusta il tiro.

Il magistrato, chiuso in un circolo blindato non ha nessun contatto con l’esterno e quando fatalmente commette qualche errore non ha riscontro da un risultato giudiziale negativo che possa produrre dei mini o dei maxi nei sulla sua carriera. Viene, e non sempre, messo solamente sull’avviso  di non aver rispettato in toto o in parte le procedure operative. Questo fa si che si viene a creare una cultura collettiva media , basata solo sul rispetto delle regole e non sui risultati. E con un marcatissimo senso di impunità.

Faccio un esempio. Un medico chirurgo che va in sala operatoria o sana il malato o l’ammazza. Se l’ammazza non si salva declamando a memoria il trattato di anatomia e la procedura operatoria. Viene tranquillamente posto a giudizio di terzi discutendo sui risultati. Con conseguenze anche pesanti. Per un giudice non è così . Il fatto che giudichi ( e condanni ) un imputato come assassino ed un altro giudice , a parità di prove, giudichi la stessa persona come innocente, non muove neanche l’aria.

Davanti ad un episodio del genere ( ahimè fintroppo frequente) un pierino qualsiasi ripeterebbe senza esitazione : o è sbagliata la Legge o è sbagliato il giudice, con le conseguenze del caso. Invece, ogni tanto, un comitato di controllo, composto dagli stessi giudici esamina i casi più clamorosi  che hanno fatto scalpore e il massimo che può capitare al giudice che ha commesso l’errore è quello di essere trasferito. Ma, probalmente questo avviene nel caso ………….che abbia attentato alla vita di un altro giudice.

Con questo andazzo l’isieme di persone (giudici) fa quello che qualunque altro gruppo messo nelle stesse condizioni farebbe : si autoconvince di essere un semidio che , nella peggiore delle ipotesi ha espresso semplicemente un parere che altri non hanno capito. E non è finita. Dal concetto di semidio operante in cose materiali si passa, per una infinità di gradini al concetto di semidio operante nel campo dell’etica. Di qui vien fuori una gran fetta delle sentenze campate tra le nuvole, tendenti ad avvalorare una nuova etica.

Che fare? Direte voi. Ahimè l’uomo, tutti gli uomini, giudici compresi, sono delle “ brutte bestie” che hanno bisogno del bastone e della carota. Bastone e carota in mano a terzi , assolutamente slegati dal sistema. L’elezione di giudici e l’utilizzo del diritto consuetudinario potrebbero contribuire con sufficiente efficacia al raddrizzanento della storta baracca.

Oppure…………. mettere dei computer al posto dei giudici , risparmiando valanghe di euro e avendo la certezza statistica che almeno il 50% delle sentenze risulterebbero giuste. Sicuramente senza intrusioni di etica e di politica. Alla fine di tutte queste considerazioni, mi sono andato a rileggere “Il processo” di F.Kafka. Non ho capito se  si sia ispirato alla giustizia italiana , o viceversa.

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