di ROBERTO BERNARDELLI – “La Russia è spesso accusata di utilizzare le forniture di gas e di petrolio come uno strumento di azione politica. Indubbiamente è vero, così com’è vero che anche chi compra l’energia compie un’azione politica”. Detto elegantemente, c’è chi fa un po’ il doppio gioco o meglio, tiene il piede in due scarpe per fare i propri interessi. Lo scrive il quotidiano sputniknews.com
Uno dei fornitori stranieri, col 30% di gas importato, era ed è la Russia con un gasdotto via Ucraina. Poi arrivò la guerra. “Le tensioni tra Kiev e Mosca hanno portato nel recente passato per ben due volte a far sì che questo Paese di puro transito ne sabotasse il passaggio, mettendo così a rischio una parte importante dei nostri approvvigionamenti. Era naturale allora che non solo la Russia, ma anche i nostri politici più avveduti pensassero a un’alternativa che evitasse nel futuro il rischio di nuove interruzioni. Si pensò allora a South Stream, un nuovo gasdotto che, attraversando il Mar Nero, sarebbe arrivato direttamente nei Balcani e, da lì, sulle nostre coste adriatiche”.
Bene, ecco però i problemi…
Bruxelles si giustificò asserendo che bisognava importare meno gas dalla Russia e non si doveva penalizzare l’Ucraina con il suo già funzionante gasdotto.
Peccato però che… un progetto gemello al nostro venne progettato tra Germania e Russia. Bruxelles non obiettò.
“Perché alle aziende tedesche e nord europee dovrebbe essere consentito il beneficio economico che deriverebbe dal raddoppio di North Stream e non alle aziende italiane? Questa è la domanda che Renzi ha correttamente posto durante l’ultimo Consiglio Europeo. Ancora si attende risposta”.
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