di STEFANIA PIAZZO – La vicenda dello scontro verbale digitale tra Salvini e il procuratore Spataro, che ha accusato il ministro di aver rischiato di compromettere un’operazione di polizia per aver divulgato un blitz antimafia su twitter, dice a che punto sia la nostra democrazia. E’ la democrazia più volgare che si sia mai vista in giro. Un ministro emette sentenze a giro like un giorno dando dell’ubriacone a Tizio, l’altro giorno con beffardo disprezzo invitando ad andare in pensione Caio che osa contraddirlo. Non sono metodi democratici. Sono stili moderni? Affatto. E’ bullismo politico, ad essere gentili. E’ sapore di fascio, ad essere più severi. Squadrismo, verbale. Linciaggio, digitale.
Ma d’altra parte i nostri politici si sono innamorati dei social, digiti ergo sei, e se non produci risultato con tanti like e condivisioni, non sei nessuno. Nella trappola del potere a colpi di digital manager ci cadono in tanti. Per carità, è importante avere consenso, ma conta anche essere qualcosa. Cioè avere idee, non solo spinte algoritmiche che si raggiungono se si hanno soldi da investire. Dove porta questa spirale? Lo si vede nel governo gialloverde. Questo dà ragione all’adagio andreottiano che i voti si devono anche pesare. Vale per il 40% di Renzi alle passate europee. Il consenso è volatile. Cosa resta se non hai una testa? E se non hai una stampa libera, che rende un buon servizio non con la tessera di partito in tasca e senza l’olio di ricino versione social, le manganellate lessicali dei politici argomentate con la prepotenza verbale e la presunzione di incastrarti “così impari”…, dove vai appunto senza giornalisti liberi, senza magistrati liberi, senza sistemi di contrappeso tra i poteri?
Ma com’è difficile fare il giornalista, oggi. Mala tempora. Tutti a linciare il nemico che toglie visibilità alla propria pochezza. Qualcosa ha sfiorato anche lindipendenzanuova. Non si dimentica niente, ma si va avanti.
