di Monica Rizzi – Beh, li sentiamo e li vediamo tutti in televisione gli appelli per trovare medici e infermieri per le regioni come la Lombardia in affanno per il Covid 19.
L’elenco dei medici morti è impronunciabile: già siamo a 80. E quasi una trentina gli infermieri. Turni impossibili, anzi, senza turni. Senza protezioni. Ma è anche di qualche mese fa la polemica in Veneto per la carenza di personale e il richiamo di professionisti già andati in pensione.
Ed ecco il punto. Hanno voluto istituire il numero chiuso per la facoltà di Medicina. E poi, badate bene, i nostri laureati vanno all’estero. Perché qui ci sono baronie, burocrazie, e stipendi indegni.
Esiste persino un sito per muoversi in questo labirinto, ed è numerochiuso.info.
Ebbene, un ripasso storico, perché è sempre la politica a muovere i primi passi del disastro. Leggiamo dal sito specializzato!
“A introdurre il numero chiuso per legge fu, nel 1987 tramite apposito decreto, l’allora Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Ortensio Zecchino. Una svolta non soltanto per Medicina, ma per gran parte delle facoltà a carattere scientifico, che sanciva il principio di relazione tra il numero di studenti e la capacità delle singole strutture di ospitarli, la disponibilità dei professori, la possibilità di svolgere laboratori e lezioni. Non tutto andò però liscio come doveva: numerosi furono infatti i ricorsi. Tanto che si dovette arrivare al 1999 perché tale decreto ministeriale diventasse legge. Legge dichiarata legittima dalla Corte Costituzionale nel 2013, dopo che il Consiglio di Stato aveva sollevato la questione, appunto, sulla sua legittimità”.
Insomma, dal parlamento passando per la massima espressione dei guardiani della Costituzione, noi saremmo a posto così.
Nessuno pensa che i tempi cambiano e dall’Ortensio Zecchino ad oggi la scienza di paga anche con altra moneta. E’ arrivato il computer, è arrivata la globalizzazione, la scienza ha fatto progressi. E’ arrivato l’euro. Ci sono stati terremoti, tsunami, nuove scoperte. Ma noi siamo fermi al 1987. E persino nel 2013 guardiamo avanti guardando indietro.
Poi ci lamentiamo se i nostri giovani scappano all’estero. Liberalizziamo, apriamo le facoltà. Altrimenti poi ci si lamenta perché gli infermieri arrivano dall’estero e i medici li dobbiamo chiedere in prestito alla Cina, la Messico, all’Ucraina, alla Polonia…. Prima gli italiani, vero? Si ma solo su facebook mi pare.
Photo by Natanael Melchor