di DAVIDE BONI – Forse i più giovani non ricorderanno l’ex ministro della Difesa, il prodiano Arturo Parisi. Nel 2008, alle elezioni di Barak Obama, affermò: “Per fortuna abbiamo vinto in America”. La sinistra aveva perso le regionali in Abruzzo, e Parisi fece un’uscita epica: “L’Abruzzo era difficile da riconquistare, ma ero convinto, l’Ohio non ce lo avrebbe rubato nessuno”.
Come aveva ragione! Oggi basta sostituire i fattori, i nomi, e il risultato è lo stesso. Guardate, abbiamo un governo e un partito nazionalista in primis che depreda i sondaggi. Hanno vinto il loro Ohio, ma hanno perso il Nord. Anzi, peggio, perché il Nord sta perdendo quota economica.
E’ così difficile da capire che le scelte finanziare dell’esecutivo stanno penalizzando l’area macroregionale più virtuosa dell’Europa e del Paese? Ma che importa, hanno la loro “America”, il consenso che lievita se fai tuo l’andamento dell’opinione sui social (come la cittadinanza allo studente egiziano, un giorno è no, poi sentito il parere dei web master, è sì e anzi diventi padre di uno sconosciuto).
Il Nord è abbandonato a se stesso. Le cifre sono drammatiche. Che importa vincere al Sud se poi è la terra padana a finire in un mare di guai?
Se non siamo nati ieri e sappiamo leggere, il rapporto del Centro Studi di Confindustria dice che siamo nel guano. La manovra 2020, che arriverà a presentare il conto a ottobre 2019, avrà due opzioni, o far crescere il deficit fino al 3,5%, oppure far scattare le clausole di salvaguardia, ovvero portare l’Iva al 25%. Oppure, terza via, tagliare la spesa pubblica per 35 miliardi. Ma ve lo immaginate il governo che pesca voti al Sud, specialmente il partito di Salvini premier, togliere risorse al bacino elettorale appena conquistato?
«Non ci sono opzioni indolori». Il rapporto del Centro Studi di Confindustria dice che con la crescita del Pil a zero (era +0,9% a ottobre, cinque mesi fa), l’occupazione e i consumi congelati, investimenti in vista davvero pochi sul fronte privato, ebbene, dice che o ci salva l’export oppure sono guai serissimi.
Ma se il trend internazionale ed europeo è quello che sappiamo, con i dazi dell’amico Trump in arrivo, abbiamo capito che la resa dei conti politica nel governo sarà in autunno. Magari non andremo al voto subito, ma pensare ad un esecutivo della miseria che si proponeva di abolire la povertà, che duri a lungo, è dura. La corsa è finita. La loro miseria politica e culturale ci ha resi più poveri, ancora una volta. Poveri materialmente e poveri di libertà, rubata per conquistare consenso altrove.
Hanno azzerato la storia e forse nel male è anche un bene, perché si può tracciare un segno netto tra il loro passato e il futuro che vogliamo. Via gli equivoci e le ambiguità.
Hanno abolito la povertà? No. Hanno fermato gli sbarchi? No. Hanno azzerato la maledetta legge Fornero? No. Hanno mollato l’euro? Neanche per sogno. Hanno fatto partire le grandi opere? No. Cos’hanno fatto, insomma?