Cala il sipario sulle cessioni dei crediti, sugli sconti in fattura e il bilancio sul Superbonus è in chiaro-scuro. A fronte di 372.303 asseverazioni depositate entro il 31 gennaio scorso, lo Stato, con il cosiddetto 110 per cento, dovrà farsi carico di una spesa di 71,7 miliardi di euro. Ricordando che in Italia sono presenti quasi 12,2 milioni di edifici residenziali, l’Ufficio studi della CGIA ha ipotizzato che, fino ad ora, questa misura abbia interessato solo il 3,1 per cento del totale degli immobili ad uso abitativo (vedi Tab. 1). In altre parole, avendo dato la possibilità ai proprietari di riqualificare queste unità abitative con la detrazione fiscale del 110 per cento, lo Stato si è addossato un costo pari a 72,7 miliardi di euro per migliorare l’efficienza energetica di una quota ridottissima di edifici presenti nel Paese.
“Il governo si è infilato in un vicolo cieco e, adesso, per prendere qualsiasi provvedimento volto a superare il blocco del Superbonus è appeso alla decisione che l’Istat renderà nota il prossimo 1 marzo”. A dirlo è il presidente dell’UNIMPRESA, Giovanna Ferrara, sottolineando che “in quell’occasione, l’istituto di statistica invierà alla Commissione europea il quadro della finanza pubblica italiana relativa al 2022 e chiarirà se i crediti fiscali relativi ai bonus edilizi vanno considerati come debito pubblico aggiuntivo e non solo come deficit “. Ferrara evidenzia che “qualora l’Istat escludesse il Superbonus dal debito, allora il governo avrebbe avuto un importante spazio di manovra e potrebbe iniziare in tempi rapidi la compensazione con i modelli F24 pagati in banca”. “Purtroppo, in questa fase di limbo e di attesa, c’è il forte rischio fallimento per molte imprese del settore edilizio e di quello collegato, ormai stremate e piegate dalla mancanza di liquidità” osserva infine Ferrara.
Non va “bocciato” e va trovata una soluzione per i crediti incagliati
Sia chiaro, prosegue la Cgia: il Superbonus non va “bocciato” perché ha sicuramente contribuito a incentivare la ripresa economica di un settore, come quello dell’edilizia, che nel nostro Paese ha un peso specifico importante. Tuttavia, questa misura ha provocato un costo in capo alla fiscalità generale spaventoso e non proporzionale al numero di edifici che sono stati “efficientati”. Ora, dopo la cancellazione degli sconti in fattura e delle cessioni del credito, il proprietario di un immobile residenziale potrà beneficiare della detrazione del 90 per cento (e non più del 110), compensando lo sconto solo in sede di dichiarazione dei redditi. E’ evidente che l’appetibilità dello strumento è destinata a scemare. Tuttavia, la cosa più preoccupante è che con il decreto del governo approvato l’altro ieri non è stata trovata una soluzione per le tante aziende e famiglie che sono in possesso di una massa di crediti fiscali importanti e non più esigibili. Una situazione che nel giro di qualche mese rischia di far fallire molte aziende del settore delle costruzioni.
Prezzi dei materiali alle stelle
La convinzione di aver speso troppo e di aver “drogato” anche il mercato edilizio è comunque molto elevata. Ricordiamo che questo
meccanismo, che consentiva di detrarre fiscalmente molto più di quanto un proprietario era chiamato a spendere per ristrutturare un
edificio, ha innescato una bolla inflattiva preoccupante, alimentata anche dal forte aumento dei prezzi registrato nel 2022 da tutte le
materie prime. A fronte di un boom della domanda che, tra l’altro, per legge doveva essere soddisfatta entro un determinato periodo di
tempo, il Superbonus 110 per cento ha contribuito a far schizzare all’insù i prezzi di moltissimi materiali (ferro, acciaio, legno, sabbia,
laterizi, bitume, cemento, etc.) e altri per molto tempo sono pressocché scomparsi dal mercato (lana di roccia, polistirene,
ponteggi, etc.).
Il Veneto ha guidato la corsa al 110%
A livello regionale è il Veneto ad aver registrato il ricorso più numeroso al Superbonus 110 per cento in relazione agli edifici residenziali esistenti. Con 46.447 asseverazioni, l’incidenza percentuale di queste ultime sul numero degli edifici residenziali esistenti è pari al 4,4 per cento, in Toscana scende al 4 per cento e in Lombardia al 3,9. Le regioni meno coinvolte, invece, sono la Calabria, Valle d’Aosta e Liguria (tutte con un’incidenza del 2 per cento), insieme alla Sicilia che chiude la graduatoria con l’1,7 per cento. A livello nazionale, infine, l’importo medio delle detrazioni a fine lavori previsto è pari a 192.756 euro per edificio residenziale. I picchi massimi li scorgiamo in Campania (247.337 euro), Basilicata (254.090 euro) e Valle d’Aosta (267.698 euro). Chiudono la
graduatoria, invece, Friuli Venezia Giulia (152.056 euro), Toscana (151.206) e Veneto (150.906 euro).
Nota: valori medi (192.756 euro di detrazione in Italia) che comprendono tutti gli immobili ovvero
condomini, per i quali l’importo medio è più elevato (in Italia 654 mila euro come detrazione e 595 mila
euro come investimento), edifici unifamiliari (in Italia 125 mila euro come detrazione e 114 mila euro
come investimento) e unità immobiliari funzionalmente indipendenti (in Italia 107 mila euro come
detrazione e 97 mila euro come investimento).
Per edificio unifamiliare si intende un’unica unità immobiliare di proprietà esclusiva, funzionalmente
indipendente, che disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno e destinato all’abitazione di un singolo
nucleo familiare.
Si intendono invece funzionalmente indipendenti le unità immobiliari (con uno o più accessi autonomi
dall’esterno) site all’interno di edifici plurifamiliari ma dotate di almeno 3 impianti di proprietà esclusiva tra
quelli per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica e per il riscaldamento.