rassegna stampa
Ndrangheta:esequie private affiliato,parroco lo difende “Decisione questore eccessiva”.Vescovo Locri: era padre famiglia (di Ezio De Domenico) (ANSA) – PLATI’ (REGGIO CALABRIA – Sembrava una vicenda di ‘ndrangheta come tante ne sono accadute in passato: un affiliato, Giuseppe Barbaro, di 54 anni, che muore in carcere; il questore che vieta funerali pubblici per motivi di sicurezza, cosi’ come dispone la legge in questi casi; le esequie all’alba al cimitero, senza corteo funebre ed in presenza dei familiari piu’ intimi. Tutto normale, insomma. Se non fosse che don Giuseppe Svanera, il parroco di Plati’, perche’ questa vicenda si svolge proprio a Plati’, uno dei centri della Locride passati alla storia come uno dei luoghi emblematici del potere e della pervasivita’ della ‘ndrangheta, si oppone alla decisione presa dal questore di Reggio Calabria, Raffaele Grassi, in merito ai funerali di Barbaro, padre tra l’altro di quattro figli, e decide addirittura di presentare un ricorso al Ministro dell’Interno chiedendo la revoca del provvedimento. Non e’ chiaro, a dire il vero, se questo ricorso sia stato formalizzato e che fine abbia fatto. Sta di fatto che i funerali di Barbaro si sono svolti effettivamente stamattina alle 6, nel cimitero di Plati’, cosi’ come aveva disposto il questore Grassi. L’unico aspetto particolare e’ che alle esequie, malgrado l’ora proibitiva, si sono presentati in tanti, e non solo i familiari piu’ stretti. A questo c’e’ da aggiungere che lo stesso don Giuseppe ha voluto celebrare oggi pomeriggio un rito funebre in memoria di Barbaro nella chiesa principale di Plati’ al quale si sono presentati, oltre ai parenti del defunto, decine di persone. “Questo perche’ – ha detto all’Ansa don Giuseppe Svanera – Plati’ e’ rimasto scosso da questa vicenda ed ha manifestato chiari segni di ribellione, oltre che di sofferenza e di rabbia. Siamo convinti, in sostanza, che l’ordinanza del Questore non sia stata ben ponderata. Il problema di Plati’ e’ che il paese, in passato come oggi, e’ vittima di una forma grave di criminalizzazione. E per questo gli abitanti si sentono offesi, anche perche’ non si puo’ fare di tutta l’erba un fascio”. Don Giuseppe e’ originario di Ome, in provincia di Brescia. Ha fatto per molti anni il missionario in Amazzonia ed al suo rientro in Italia non ha voluto andare in una tranquilla parrocchia del nord, preferendo farsi mandare in una realta’ difficile e complessa, sotto molti aspetti, come Plati’. Parlando di Giuseppe Barbaro, il parroco lo ha definito “un pover’uomo che era tutt’altro che un elemento di spicco della criminalita’ organizzata. Il prossimo anno sarebbe dovuto uscire dal carcere, ma ha avuto la sfortuna di ammalarsi gravemente. A questo c’e’ da aggiungere che chi sarebbe dovuto intervenire per aiutarlo a lasciare il carcere non ha creduto alla sua malattia, che invece era assolutamente vera. E cosi’ Giuseppe Barbaro, tra mille sofferenze, e’ morto nella sua cella. In piu’ gli hanno negato la possibilita’ di avere funerali pubblici, come avrebbero voluto i suoi familiari. Una societa’ civile puo’ tollerare tutto questo?”. A dare manforte al parroco di Plati’ e’ arrivata in serata una nota del Vescovo di Locri, mons. Francesco Oliva, che nel ricostruire la vicenda ha definito Giuseppe Barbaro “un padre di famiglia”.