E’ dal 1866 che ci prendono per i fondelli. E il Veneto ancora non è libero

di Valter Roverato – Ma vi pare che in questo paese sia proprio il popolo a decidere? Questa domanda, che i politici italioti lo sappiano, se la fa anche il cittadino, il quale è chiamato al voto, elegge il suo rappresentante, il quale, poi…. fa ciò che vuole, ed è questo che la costituzione-più-bella-del-mondo dice, perché chi viene eletto non rappresenta l’elettore, ma tutto il paese. Il parlamentare quindi non rappresenta l’idea dell’elettore che lo vota, ma rappresenta l’Italia intera. Ma stando così le cose, allora a cosa servono i partiti?

A cosa serve che io la pensi in un modo, voti il mio rappresentante che poi può andare in parlamento a sostenere un’idea anche  opposta alla mia? Secondo me è questo il principale problema italiano: l’elettore, il cittadino, non sente di essere rappresentato in parlamento, e quindi si chiede: perché andare a votare? E ci va sempre meno, infatti.

Contemporaneamente, calando il numero degli elettori, aumenta il numero dei partiti, proprio perché i “politici” sentendo venir meno l’elettorato, desiderano sempre di più avere un posto certo, ben pagato, senza praticamente lavorare sul serio, che assicuri loro anche una futura buona pensione, la visibilità mediatica, la ribalta, insomma. Per essere eletti, per esserne certi, fondano dunque ognuno un proprio partitino, che non importa se magari verrà votato solamente dai propri vicini di casa, ma che darà loro la sedia romana, la continuità, il famoso “posto fisso”, che tutto il resto del paese è destinato ad avere sempre di  meno.

E così ci troviamo ad avere un parlamento polverizzato, formato da qualche centinaio di politici il cui numero, andando avanti così, sarà maggiore di quello dei votanti, e chissà, forse è proprio questo l’obiettivo futuro della politica italiana, che intanto almeno dal 2011 non riesce ad esprimere un governo regolarmente eletto dai cittadini, ma deciso a Roma autonomamente da qualche persona. Da quell’anno si sono succeduti governi di tutti i tipi e di tutti i colori: “populisti”, tecnici, di pseudo-sinistra e di pseudo-destra, ma mai decisi dagli italiani, anche perché le leggi che chiedono loro di votare sono state fatte proprio dai parlamentari eletti, che hanno tutto l’interesse di farle in modo da mettere al sicuro il loro “posticino” negli scranni dei palazzi romani, e non pensando alla democrazia. Ecco che così il sistema vive e si ricicla. Ecco come vengono presi in giro gli italiani.
Ma in fin dei conti la storia di come ci prendono in giro, gli italiani l’hanno iniziata moltissimo tempo fa, e noi Veneti ne sappiamo qualcosa, perché siamo stati la cavia del sistema Italia, che nel 1866 ci prendeva in giro per la prima volta col referendum-truffa che ci chiedeva se i Veneti volevano essere annessi alla nascente Italia.
Il 21 e 22 ottobre del 1866 gli italiani indicevano lo storico referendum che chiedeva ai Veneti il permesso di annetterli ad un paese che non conoscevano, che non sapevano quello che sarebbe divenuto, ovviamente, ma già qualche giorno prima, la “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia”, stampata a Firenze il 19 dello stesso mese, diceva:
Al Presidente del Consiglio dei Ministri è pervenuto oggi alle ore 10 ¾ antimeridiane il seguente dispaccio da Venezia: “La bandiera Reale italiana sventola delle antenne di piazza San Marco, salutata dalle frenetiche grida della esultante popolazione. Generale Di Revel”
Il Presidente del Consiglio dei Ministri rispose immediatamente con questo dispaccio:
“Alla rappresentanza municipale di Venezia: Il Governo del Re saluta Venezia esultante mentre la bandiera nazionale italiana sventola dalle antenne di Piazza San Marco simbolo di Venezia restituita all’Italia, dell’Italia restituita finalmente a sé stessa.   Ricasoli”
Perciò i Veneti vanno a votare quando tutto è già stato deciso, quando due giorni prima del voto il Veneto è già stato passato ai Regno d’Italia! Se non è una truffa questa, cos’è? Ed infatti chi si presentava ai seggi il 21 e 22 ottobre del 1866 veniva accolta da 2 urne, una col “SI”, ed una col “NO”, con guardie armate che osservavano (e sicuramente intimidivano) l’elettore mentre inseriva la sua scheda nelle urne. Volevano essere certi che i Veneti non facessero strani scherzi, si vede.
Sappiamo invece come quelli che dovevano essere i “liberatori”, portarono invece fin da subito miseria e disperazione, cose che mai i Veneti avevano conosciuto in precedenza. Quella volta I Veneti furono costretti ad emigrare in centinaia di migliaia, anzi almeno in un milione, dice la storia, lasciarono la madrepatria Veneta, e la rabbia di chi lasciava la propria terra venne descritta in un passo de “I va in Merica”, una poesia di Berto Barbarani:
“Porca Italia -i bastiema- andemo via!”.
Quello del 1866 quindi è stato solo l’inizio delle prese in giro per i Veneti, che coincide con quelle per tutti gli italiani, e che continuano a tutt’oggi. Cari Veneti, volete ancora continuare ad essere presi in giro da questa gente? Vi hanno promesso, altra presa in giro, addirittura una fantomatica “autonomia”, forse confondendo la parola con “eutanasia”, e ad ogni voto vi prendono sempre più in giro: volete ancora tutto ciò? Francamente non capisco questi Veneti, che sembrano proprio contenti di essere presi per i fondelli dagli italiani, perpetrando il loro gioco fin dal 1866. Svegliatevi alla svelta, Veneti! Non c’è più tempo!
Print Friendly, PDF & Email
Articolo precedente

Cresce il disagio sociale, i dati sulla disoccupazione sono sottostimati

Articolo successivo

I sindaci veneti: con queste bollette chiudiamo baracca e burattini