di FRANCESCO CANCELLATO – Che il Documento di Economia e Finanza sia quasi sempre presa in giro non lo scopriamo certo oggi: previsioni di crescita gonfiate, debito e deficit che scende, misure con effetti taumaturgici. C’è più realtà nelle foto sulle confezioni delle merendine, e nessun governo ne è mai stato immune. (…)
In ogni caso, partiamo dalle certezze: vanno trovati 23 miliardi di euro per disinnescare l’aumento dell’Iva e un’altra decina di miliardi per coprire gli errori di previsione del bilancio precedente, fondato su una crescita del Pil (e del gettito) pari all’1%. Trovare i miliardi vuol dire tre cose, nel mondo in un mondo governato dalle leggi della matematica: o tagli le spese, o aumenti le tasse o fai crescere il debito pubblico.
Sorpresa, nel Def 2020 il governo promette di trovare quei soldi tagliando le tasse, alzando le spese e facendo diminuire il debito pubblico. Più precisamente, aliquota al 15% per tutti i redditi sotto i 50mila euro – quella che Salvini chiama flat tax -, deducibilità dell’Imu sui capannoni, Ires più leggera per le imprese sono le misure ipotizzate sul lato fiscale. E poi, ancora, il decreto crescita e sblocca cantieri, per far ripartire gli investimenti. E ancora, un dato programmatico di diminuzione del deficit dal 2,4% al 2,3% del Pil e una diminuzione del debito pubblico sotto il 133% attuale. Già che ci siamo, ci accolliamo pure i debiti del Comune di Roma (…)
Il problema vero, per l’appunto, è che non ci sarà nessun taglio delle imposte e nessun aumento degli investimenti, perché non ci sono i soldi per pagarli. Che la recessione arriverà, con tutto il suo carico depressivo sull’economia del Paese. Che più spesa pubblica vorrà dire più deficit e più debito, e che la sorte ce la mandi buona con rating e spread. Che se tagli le tasse con una mano, con l’altra dovrai necessariamente eliminare qualche sgravio. Che se le previste privatizzazioni e alienazioni rimarranno sulla carta, andrà sforbiciato qualcos’altro.