di Monica Rizzi – C’è un’altra narrazione sullo stato di salute del lavoro e ce la offre il rapporto della Fondazione Di Vittorio-Cgil su “Salari e occupazione”.
In Italia nel 2019, prima della pandemia, circa 5 milioni di persone avevano un salario effettivo non superiore ai 10 mila euro lordi annui, tutte con “discontinuita’ lavorativa”.
Oggi risultano circa 3 milioni di precari e 2,7 milioni di part-time involontari, ovvero che lavorano a tempo parziale non per scelta, che si aggiungono a 2,3 milioni di disoccupati ufficiali. Il salario dei part-time italiani, emerge ancora, e’ percentualmente piu’ basso della remunerazione part-time nella media dell’eurozona di oltre il 10%.
La percentuale di part-time involontario in Italia e’ la piu’ alta a livello europeo: nel 2020 arriva a segnare il 66,2% sul totale degli occupati a tempo parziale, contro il 24,7% dell’Eurozona. Durante la presentazione del Rapporto e’ stato inoltre ricordato come il cosiddetto tasso di disoccupazione “sostanziale” calcolato dalla Fondazione Di Vittorio nel 2020 risulti pari al 14,5% rispetto al 9,2% del tasso di disoccupazione ufficiale, che corrisponde a quasi 4 milioni, un numero che ai 2,3 milioni di disoccupati aggiunge coloro che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano perche’ sono scoraggiati, bloccati per la cura di figli o anziani o sono sospesi, in attesa di riprendere l’attivita’.
Anche qui occorrerebbe fare una pausa politica di riflessione: se lo Stato rendesse possibile un welfare vero, legato al reale sostegno delle politiche familiari, verso figli e persone fragili, disabili o anziani, si potrebbe lavorare di più senza ricorrere alla rinuncia del lavoro a tempo pieno. Dove sono gli asili? Dove sono le strutture per anziani? Dov’è l’assistenza domiciliare?
“Risulta evidente che il tema del lavoro riguarda la quantita’ di occupazione ma anche tanti aspetti della sua qualita’”, ha sottolineato il presidente della Fondazione, Fulvio Fammoni, richiamando l’attenzione sulle modalita’ di utilizzo del Pnrr e dalle scelte della legge di Bilancio. “Se davvero si punta ad uno sviluppo duraturo – ha affermato – il problema non puo’ essere semplicemente l’utilizzo totale e tempestivo delle risorse a disposizione, ma come questa situazione straordinariamente favorevole per le quantita’ di risorse, risolve o meno questi problemi strutturali”.