Dario Fo, il lombardo geniale in mezzo a uomini non all’altezza del Nord

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di SERGIO BIANCHINI – Negli anni 70 andai qualche volta alla palazzina Liberty a vedere gli spettacoli di Fo. C’era sempre molta folla giovanile anche perché erano gratuiti. Allora io ero totalmente preso dalla politica extraparlamentare dove noi giovani buttavamo lo sdegno contro lo stato mentitore che aveva coperto la strage di Piazza Fontana, il vero grande innesco del tragico decennio del terrorismo. Oggi la grande menzogna è quella sul “salvataggio” degli Africani.

Di Fo apprezzavo dunque la sua irrisione nei confronti delle dichiarazioni dei vertici dello stato circa le grandi tragedie di allora, Pinelli, Feltrinelli ecc. Ma il suo gesticolare; la sua mimica corporea e semiacrobatica mi sembrava eccessiva e non mi ha mai coinvolto. Anche la cosa sua più apprezzata e cioè il mistero buffo e quel rumoreggiare fonico – gestuale senza parole non mi è mai piaciuto e non mi piace neanche oggi. Ai tempi lo vedevo come uno svilimento delle necessità serissime della lotta rivoluzionaria che richiedevano un tipo umano non giullaresco ma quadrato e combattivo e con obiettivi chiari scanditi con precisione. Oggi  leggo la mia indifferenza come il distacco di uno che vede anche in FO le difficoltà del Nord a darsi una eSpressione politica di alto livello, adeguata alla sua statura storica economica e sociale.

Sì, il Nord, e la Lombardia in particolare, è pieno di genialoni , di capitani di industria, di papi, di santi,  di artisti, ma sul piano politico non sa esprimere la capacità di darsi un progetto, chiaro, esplicito, scandito e reale, per la conquista di una forza e di un potere adeguati al suo livello. E perseguire tale progetto tenacemente, con genialità e creatività, ricchezza di mezzi e di idee.

Forse proprio le genialità  spesso solitarie e meteoriche di cui è pieno il cielo lombardo e quelle grige ma instancabili del suolo economico,  sono l’altra faccia della disperazione politica in cui tutta la gente del nord si trova.  In fondo anche Grillo è la più recente incarnazione, per fortuna ancora minoritaria, di questi limiti del Nord a cui si è immediatamente unito il meridionalismo. Anch’esso disperato e, come sempre negli ultimi 40 anni, in cerca  di soldi statali. Due disperazioni diversissime, perfino opposte, incredibilmente unite ma assolutamente incapaci di produrre governo della realtà.

Il Nord è troppo diviso, per questo soggiace: in primo luogo nelle tre aree fondamentali Piemonte, Lombardia e Veneto e poi l’Emilia.

Gli sforzi per capire le cause di queste incessanti divisioni politiche e la perseveranza nel cercare di affrontarle potranno forse farci uscire sia dal circuito disperazione- stravaganza- giullarismo- lavorismo- mondialismo  sia dalla decadenza economica e morale.

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