Crolla la precisione elvetica. Anche la Svizzera: numeri pochi chiari su contagi e decessi per Covid

 

di Benedetta Baiocchi – Incredibile ma vero. Il periodico ticinese “Il Caffè” lancia un grido d’allarme che sembra fare il paio con le incertezze, le perplessità i dubbi sui numeri in Italia circa il Covid.
In un lungo editoriale dal titolo “La trasparenza necessaria in questa emergenza”, e firmato R.C., si legge infatti che
R.C.

“Trasparenza. La trasparenza in situazioni difficili e drammatiche come quella che stiamo vivendo a causa dell’emergenza sanitaria è in-di-spen-sa-bi-le. Ma non si capisce perché per ottenere informazioni statistiche sul quadro epidemiologico in Ticino occorra scavalcare muri e fili spinati. Non si capisce perché per avere indicazioni di dettaglio, per esempio sulle regioni di provenienza dei morti, occorra effettuare percorsi tortuosi. Non si capisce perché su un sito del Cantone, ad esempio, chessò, potrebbe essere quello del Medico cantonale, non esistano dati di dettaglio, percentuali atte a far comprendere qual è la reale situazione che abbiamo vissuto, stiamo vivendo e, rischiamo, di trovarci di fronte fra qualche mese!
Gli unici dati che vengono ufficialmente forniti ogni mattino dallo Stato Maggiore riguardano il numero dei decessi totali, il numero dei nuovi decessi. Il numero delle persone ricoverate, nei reparti e in terapia intensiva. Il numero dei dimessi dalle strutture ospedaliere che il Ticino ha dedicato agli ammalati covid. Nulla di più”.

Sembra di rivedere il film quotidiano in Italia con i dati divugati alle 18 dalla Protezione Civile: un bollettino.

Ma Il Caffè, facendo giornalismo, vorrebbe andare oltre. E cioè avere una banca dati con “malattie pregresse di chi è morto, o quelle inerenti i tamponi positivi e le regioni di provenienza di chi ha fatto il test… sono state fornite dall’Ente ospedaliero cantonale. Ha una mole importante di documentazione. Numeri elaborati, incrociati fra essi, percentuali significative per comprendere quale è stata l’onda a cui siamo stati sottoposti e per comprendere, anche, il possibile futuro.
Invece no. Nelle settimane passate e ancora nelle ultime ore si sono ammoniti coloro che questi dati li raccolgono e li elaborano (oltre all’Ente ospedaliero anche la clinica Luganese Moncucco). Le uniche informazioni, sintetizzando ed entrando nella sostanza del messaggio, devono “uscire” dallo Stato Maggiore”.

Cari amici svizzeri, sapeste quanto è difficile anche in Italia scorporare i numeri. Distinguere i guariti dai contagiati, dai positivi asintomatici, i morti senza autopsia dai decessi per  o con Covid.

E’ una grande confusione che ci accomuna. e idem la sottovalutazione… “In Lombardia si creavano “zone rosse” e si chiudevano la Scala, il Duomo… in Ticino si preparavano e si svolgevano come se niente fosse Carnevali, a Bellinzona, con almeno 128mila partecipanti in soli tre giorni. Il Carnevale è stato un focolaio. E chi oggi lo ricorda, come Camponovo ( il direttore della clinica Luganese Moncucco,, ndr), non può essere zittito”.

Beh, cari colleghi del Caffè, non dimentichiamo a Bergamo la partita di fine febbraio con lo stadio pieno per Atalanta Valencia. Già c’erano le zone rosse in Lombardia. Ma non è servito….  Mi raccomando, non italianizzatevi.

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