Cosa succede nel labirinto Brexit?

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Il governo di Boris Johnson avrebbe dovuto celebrare Halloween con l’uscita dall’Unione europea, promessa e ribadita dal premier entro la scadenza del 31 ottobre. “Avrebbe”, appunto, visto che le cose sono andate un po’ diversamente.
Londra ha incassato il terzo rinvio della Brexit nell’arco di sette mesi, facendo slittare  il divorzio al 31 gennaio 2020
. In compenso, Johnson è riuscito a strappare (almeno) un voto favorevole ai suoi piani: il Parlamento  ha dato il via libera alle elezioni politiche per il 12 dicembre 2019, indette dal premier con la speranza di conquistare una maggioranza salda alla Camera dei Comuni.

Confusi? Nessun problema. Facciamo un passo indietro per capire come siamo arrivati fino a qui. Johnson, dopo una sequela di sconfitte alla Camera, ha ceduto e chiesto alla Ue una proroga di tre mesi della Brexit. I vertici europei, nonostante qualche malumore della Francia, hanno dato il via libera a un’estensione «flessibile» al 31 gennaio 2020 (tradotto: il termine rimane quello fissato, ma il Regno Unito può uscire non appena incassa il via libera della Camera dei Comuni). Mentre i partner Ue decidevano, Johnson ha messo sul tavolo del suo Parlamento una nuova partita: la richiesta di approvare una mozione per il voto anticipato alle Politiche il 12 dicembre.

Il 28 ottobre la Camera dei Comuni ha bocciato la proposta, con appena 299 voti favorevoli su 650 e l’opposizione coesa dei laburisti. Il 29 ottobre, il giorno dopo, lo stesso leader dei laburisti Jeremy Corbyn ha ribaltato la linea del partito e dato l’0k alla richiesta di elezioni, favorendo l’approvazione finale del testo con 438 sì e appena 20 voti contrari. Cosa è cambiato in 24 ore? Corbyn si è detto «sicuro» del fatto che non si sarebbe più rischiata una Brexit al 31 ottobre, accettando la sfida elettorale con Johnson.

E ora che succede? La spinta di Johnson per le urne risponde a un obiettivo preciso: guadagnare una maggioranza corposa alla Camera dei Comuni e archiviare la partita della Brexit in tempi rapidi. Purtroppo per lui, le cose potrebbero essere meno immediate. Anche se alcuni sondaggi la proiettano a vantaggi di oltre 10 punti percentuali rispetto al suo concorrente diretto, Jeremy Corbyn, si stanno già profilando le prime complicazioni.

Nigel Farage, il leader nazionalista del Brexit Party, lo ha messo alle stretto chiedendogli di siglare entro metà novembre un’alleanza elettorale in favore di una uscita senza accordo dalla Ue. In caso contrario potrebbe decidere di correre da solo, erodendo da destra i consensi di un partito conservatore già pervaso da tensioni interne e il malcontento di fronde importanti di deputati (ed elettori) per la leadership di Johnson. In compenso, anche l’opposizione laburista non gode della sua salute migliore. L’atteggiamento ondivago di Corbyn sulla Brexit sta costando buone fette dell’elettorato più europeista, spingendo diversi simpatizzanti nelle braccia dei Lib-dem.
fonte Sole24Ore

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