Confisca dei beni ai migranti, scommettiamo che non invadono più le nostre città?

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di ROBERTO BERNARDELLI –   Scusate, ma non se ne parla nella civile Europa, nonostante i paesi delle democrazie che tutti invidiamo per libertà e civiltà, siano più all’avanguardia. Parlaimo della confisca dei beni dei migranti. C’ha pensato  la Danimarca. E non solo la Danimarca, mettiamola così, perché nella civile confederazione elvetica una regola analoga è già in vigore da anni; tanto che “I rifugiati che arrivano nella Confederazione devono infatti depositare i beni di un valore superiore a 1’000 franchi in loro possesso per contribuire ai costi del loro mantenimento”, ricordava non tanto tempo fa non casualmente il Corriere del Ticino.

Tanto che durante la trasmissione “10 vor 10” agli ascoltatori svizzeri  venne presentato un servizio sul caso di un profugo siriano che, in cambio della metà del denaro che gli restava dopo aver pagato ai trafficanti il passaggio della sua famiglia nel paese, aveva ottenuto una ricevuta dallo Stato elvetico.

“I valori devono essere depositati all’arrivo in un centro di registrazione e, se una personalascia volontariamente la Svizzera entro 7 mesi, potrà recuperarli. Chi ottiene il diritto di residenza deve inoltre versare allo Stato il 10% del proprio reddito per 10 anni fino a raggiungere la somma di 15’000 franchi”.

Ma è un altro pianeta, appunto. Siamo noi, in Italia, a pagare con le nostre tasse i servizi ai migranti e siamo ancora noi a cedere il nostro posto, per le leggi italiane, per la casa, la scuola… Va bene così?

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