“La pandemia ha impoverito gli italiani. A fine 2021, il reddito medio delle famiglie sarà ancora 512 euro inferiore ai livelli pre-crisi”. Così la presidente di Confesercenti Patrizia De Luise nella sua relazione all’assemblea. “Un calo su cui incide la crisi del lavoro. Dall’inizio dell’anno, sono stati recuperati solo 340.000 posti di lavoro dei 720.000 persi nel 2020: meno della metà. Per i lavoratori indipendenti, poi, è stata una vera e propria strage: sono 356.000 in meno rispetto al pre-covid.”
La riduzione del reddito è legata alla crisi del lavoro. Nel corso della pandemia hanno perso il lavoro 720mila occupati, e ne sono stati recuperati solo 340mila: meno della metà.
A pesare soprattutto il crollo del lavoro indipendenti: sono 356mila le posizioni di lavoro autonomo cancellate dall’emergenza covid. L’incertezza creata dall’emergenza in alcuni settori ha ridotto anche il personale specializzato disponibile: nel turismo e nei pubblici esercizi ci sono circa 100mila posti di lavoro ‘vacanti’ per assenza di personale.
La ripresa dei consumi sarà più lenta di quella del Pil. Secondo le nostre stime, a fine 2022 saremo ancora 20 miliardi di euro sotto il livello dei consumi registrato nell’ultimo anno prima della crisi (2019) e il recupero completo arriverà solo nel 2023. A pesare, la riduzione del reddito disponibile: a fine 2021, sarà inferiore di -512 euro a persona rispetto al 2019. Una situazione che spinge le famiglie all’incertezza e al risparmio precauzionale: secondo le nostre stime, gli italiani trattengono circa 40 miliardi di euro per prudenza. Un ulteriore ostacolo alla ripresa dei consumi è posto dall’incremento dell’inflazione: con gli attuali aumenti dei prezzi, stimiamo una riduzione di 4 miliardi di euro di consumi quest’anno e 5,5 miliardi nel 2022.
“La maggiore inflazione potrebbe sottrarre, in 2 anni, 9,5 miliardi di euro di consumi: circa 4 miliardi quest’anno e 5,5 miliardi del 2022”, avverte la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise, all’assemblea annuale: “La ripresa dei consumi sara’ piu’ lenta di quella del Pil. A fine 2022 il volume dei consumi potrebbe rimanere al di sotto del livello pre-pandemico, con uno scarto residuo di circa 20 miliardi”; “La pandemia ha impoverito gli italiani. A fine 2021 il reddito medio delle famiglie sara’ ancora 512 euro inferiore ai livelli pre-crisi”, e la prudenza ha portato ad una perdita di consumi “fra 35 e 40 miliardi annui”.
L’incertezza creata dall’emergenza covid 19 in alcuni settori ha ridotto il personale specializzato disponibile: nel turismo e nei pubblici esercizi ci sono circa 100 mila posti di lavoro ‘vacanti’ per assenza di personale.
Nel corso della pandemia hanno perso il lavoro 720 mila occupati, e ne sono stati recuperati solo 340 mila: meno della metà. A pesare è stato soprattutto il crollo del lavoro indipendenti: sono 356 mila le posizioni di lavoro autonomo cancellate dall’emergenza covid, “una vera e propria strage”.
Nel corso degli ultimi dodici mesi, le vendite online sono cresciute ad un ritmo 7 volte superiore a quello complessivo. Un aumento strutturale del 40%, a discapito delle forme tradizionali”. Ma mentre “negli esercizi fisici un miliardo di fatturato genera 49 milioni di imposte versate in Italia, nelle grandi piattaforme lo stesso importo ne genera solo 10 milioni”. Confesercenti lo evidenzia e sottolinea: “Tradotto, gli esercizi fisici, a parita’ di fatturato, danno un contributo alle casse dello Stato quasi cinque volte superiore. Una sproporzione che a nostro avviso costituisce un chiaro elemento di distorsione della concorrenza”. E’ uno dei passaggi della relazione della presidente, Patrizia De Luise, all’assemblea annuale.
“C’e’ urgente bisogno di definire un quadro di nuove regole che rendano il retail on line non un agente distruttore degli esercizi di vicinato ma un canale integrato con la rete fisica – dice -. Le tecnologie, se bene utilizzate, possono essere le migliori amiche del commercio e della sua meravigliosa varieta’ di esercizio, che e’ garanzia non solo di prosperita’, ma di pluralita’ e democrazia commerciale”. Per i giganti del web “arrivera’ la minimum digital tax, ma non prima del 2024. Gia’ il nome non ci piace molto. Dubitiamo inoltre – dice ancora la presidente di Confesercenti – che basti a riequilibrare il divario fiscale fra chi opera nel fisico e le grandi piattaforme internazionali dell’on-line”.