In Lombardia la criminalità organizzata tenta di infiltrarsi nel tessuto imprenditoriale colpito dalla crisi economica innescata dalla pandemia di coronavirus. Offrendo forme di sostegno, ma in realtà cercando di subentrare agli imprenditori nella proprietà delle aziende. E’ quanto si sottolinea nella relazione semestrale della Dia, la Direzione investigativa antimafia. Nel contesto di difficoltà economica delle imprese, “secondo un modello collaudato e già emerso nelle investigazioni più recenti, la criminalità organizzata potrà tentare di accreditarsi presso gli imprenditori in crisi di liquidità per offrire/imporre forme di welfare e di sostegno finanziario prospettando la salvaguardia della continuità aziendale ma con il reale intento di subentrare negli asset proprietari”, si legge nella relazione. La ristorazione, la ricettività alberghiera, l’edilizia, i servizi funerari e cimiteriali, le attività di pulizia e sanificazione, la produzione dei dispositivi di protezione individuale e il comparto dello smaltimento dei rifiuti specie quelli ospedalieri “sono solo alcuni dei settori su cui viene focalizzata la necessaria attenzione da parte delle istituzioni”. Inoltre, si spiega, “concreto e attuale è il rischio determinato dall’immissione di liquidità mafiosa nelle compravendite in Lombardia così come nelle altre regioni italiane”.
In Lombardia accanto all’insediamento dei gruppi di criminalità organizzata tradizionale “emergono quelli stranieri che risultano dediti principalmente a traffici di stupefacenti, reati predatori, immigrazione clandestina e tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera”. E’ quanto si sottolinea nella relazione semestrale della Dia, la Direzione investigativa antimafia. Sul territorio lombardo “è più che consolidata la presenza di organizzazioni allogene, in particolare albanesi, che risultano ben strutturate e attive nell’importazione e nella successiva vendita all’ingrosso di droghe”. Allo stesso modo nel rapporto si evidenzia l’operatività di gruppi maghrebini nell’intero ciclo dell’importazione e dello spaccio di stupefacenti, mentre le organizzazioni sud-americane utilizzano gli scali aeroportuali lombardi per l’importazione di cocaina.