Il Meglio de lindipendenza
di ENZO TRENTIN – Lo psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero Carl Gustav Jung, diceva: «Non rimpiango le persone che ho perso col tempo, ma rimpiango il tempo che ho perso con certe persone, perché le persone non mi appartenevano gli anni sì.» E prima di affrontare le nostre constatazioni, ricordiamo anche Giordano Bruno, che il 17 febbraio 1600 moriva condannato per eresia. Fu un martire del libero pensiero. Il cardinal Roberto Bellarmino, suo inquisitore, al contrario è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e proclamato Dottore della Chiesa. Giordano Bruno a suo tempo già sapeva come funzionavano le cose e infatti fu messo al rogo. Da allora ad oggi, a parte i roghi, non è cambiato nulla, e le sue parole certi indipendentisti dovrebbero scolpirsele nel cuore: «Che mortificazione! Chiedere al potere di riformare il potere. Che ingenuità!»
Ora, quello che possiamo constatare è che sin dalle battaglie del duo Marin-Rocchetta degli anni a cavallo del 1990, tutti gli autonomisti si sono dichiarati anche federalisti. Da allora abbiamo avuto decine di rappresentanti in Parlamento ed alla Regione Veneto (oltre ad altre Regioni s’intende), ma non c’è stato nessuno – e se c’è stato accettiamo di cospargerci il capo di cenere come ogni sincero penitente – che abbia avanzato una sola proposta di modifica del referendum consultivo.
Questa “boiata pazzesca” per dirla alla Fantozzi, era apparsa con la legge 142/1990, denominata «Ordinamento delle autonomie locali»; ma già la Legge 265/1999, denominata «Più autonomia per gli enti locali», ed il successivo Decreto legislativo 267/2000 «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali», non prevedevano più che il referendum fosse consultivo, anzi la definizione scompare. È quindi lecito domandarsi: a) perché i vari pubblici amministratori che hanno chiesto il voto in quanto autonomisti e federalisti non hanno provato ad abrogare tale norma? b) perché ancora oggi abbiamo una parte del fronte indipendentista che perora l’indizione di un tale tipo di referendum, quando la popolazione con il voto referendario è chiamata a decidere su qualche cosa, non ad essere consultata su quella cosa?
È lecito per gli autentici indipendentisti porsi qualche domanda sull’onestà intellettuale di quegli pseudo separatisti che ancor oggi cercano il consenso elettorale per entrare nelle istituzioni italiane con il proposito di cambiarle?
Nell’indipendentismo veneto – ed in altri in verità – ci sono numerosi pseudo leader che si comportano come presi all’interno del meccanismo delle porte girevoli. Entrano, escono e rientrano nella LN, varano e annientano partitini pesudo autonomisti-federalisti-indipendentisti. Sono tutti ossessionati dall’entrare in Regione e in Parlamento, per poi passare all’incasso di lucrosi vitalizi.
Molto affollato è il gruppo di coloro che senza avere subito pene giudiziarie passano all’incasso di oltre 40.000 euro l’anno di vitalizio, e ciò malgrado che secondo alcuni i Consiglieri regionali siano la classe politica più corrotta in Italia. [http://www.affaritaliani.it/coffee/video/politica/toninelli-ddl-boschi-consiglieri-regionali-classe-piu–corrotta-in-italia-fermiamo-riforma.html ] Quasi tutti sembrano aver preso lezioni dalle tre sagge scimmie i cui nomi sono: “Mizaru”, “scimmia che non vede”, “Kikazaru”, “scimmia che non sente il male” e “Iwazaru”, “scimmia che non parla del male”.
Non c’è niente di cui stupirsi, Gianfranco Miglio, in un famoso discorso tenuto a Bologna nel 1994 [https://www.youtube.com/watch?v=qYpSabxloL8 ], sosteneva che in in ogni comunità politica di tutti i tempi e di tutti i luoghi, c’è sempre una certa percentuale di cittadini che vivono alle spalle degli altri.
Poiché la natura dell’etica è che niente le può prevalere; in alcuni ambienti indipendentisti ci si chiede: a quale etica politica fa riferimento il comportamento di chi è nel gruppo consigliare alla Regione Veneto in quota “Indipendenza Noi Veneto con Zaia”, e non appena l’unico Consigliere eletto: Antonio Guadagnini s’è dimesso da tale gruppo per formare il Gruppo consiliare: “Siamo Veneto”, (con apprezzamenti non certo commendevoli da parte degli ex alleati) è rimasto al suo posto? Purtroppo ai peones dei sedicenti partiti o movimenti indipendentisti non è ancora possibile dire:”Acta est fabula, plaudite!” (la commedia è terminata, applaudite).
Non basta, ci sarebbero altre lezioni di responsabilità civica da acquisire. Abbiamo infatti colloquiato con più Sindaci – alcuni sedicenti indipendentisti – circa gli istituti di partecipazione popolare inseriti in ogni Statuto comunale, provinciale (dove le Province esistono ancora) e regionale.
Ebbene, queste pubblici amministratori hanno una spiccata cultura “rappresentativa”, mentre quella democratica lascia sconcertati. Si attaccano strenuamente al “mandato” ricevuto attraverso il voto, e non sentono ragioni circa l’esiguità di tale “rappresentanza”. Luca Zaia governatore del Veneto, per esempio, è stato eletto con circa il 50% dei voti espressi dal circa 50% degli aventi diritto. Se ne ricava che se proprio vogliamo accettare questo principio “democratico”, egli rappresenta un cittadino su quattro. E pensare che Alexis de Tocqueville, in “La democrazia in America” (pubblicato in due volumi, nel 1835-1840), paventava il dispotismo popolare, e la tirannia della maggioranza. È dunque più che lecito chiedersi se questo non sia un regime, e chi vuole amministrare Enti del regime sicuramente non è un gran democratico, né un credibile indipendentista.
Tra le infinite imbecillità [dal latino imbecillis (variante del più comune imbecillus) «debole» fisicamente o mentalmente] non c’è solo quella del referendum “consultivo”, ma anche quella per cui i rappresentanti sono tali perché con il voto ricevuto hanno anche l’obbligo di rispettare il programma politico attraverso il quale hanno ricevuto il consenso elettorale. Quasi che il programma debba essere immune da ripensamenti della maggioranza degli elettori-contribuenti. Ovvero, mi hai votato, non hai il diritto di ripensarci, perché è più importante il “mio” programma che la volontà della maggioranza dei cittadini.
Di amenità in amenità si trovano gli imbecillis che paventano l’uso compulsivo dei referendum, quando in realtà la loro funzione è primariamente deterrente. Infatti i rappresentanti inseguono ossessivamente la rielezione. Domanda: che chance avrebbero se i cittadini bocciassero le loro leggi o delibere? Conseguentemente il rappresentante sarebbe indotto a verificare attentamente se quella legge o delibera è veramente in sintonia con la popolazione che pretende di rappresentare. Di qui la deterrenza. Svizzera docet.
Ancora sanciscono l’applicazione di inutili quorum che nel cosiddetto Occidente non esistono. Quorum che è inesistente per le elezioni amministrative come per quelle politiche. Esse, infatti, sono valide anche se a votare si recassero solo tre elettori. Ma il ridicolo (per non definirlo furto di democrazia) si raggiunge dove esiste il referendum “consultivo”, al quale si aggiungono normative come la seguente: «L’esito referendario non può impegnare direttamente l’Amministrazione, la quale ha comunque sempre il dovere di valutare le ragioni di pubblico interesse e le connesse implicazioni economico finanziarie in ordine alla eventuale adozione o revoca di atti, non potendosi trasferire e riassorbire nella espressione della volontà popolare, la discrezionalità e la responsabilità connesse alle funzioni proprie ed esclusive dell’amministrazione pubblica.» (1) O ancora in un altro Statuto dove il referendum “consultivo” non appare, ma ci si preoccupa di statuire: «Il mancato recepimento delle indicazioni approvate dai cittadini nella consultazione referendaria deve essere adeguatamente motivato e deliberato dalla maggioranza assoluta dei consiglieri comunali.» che è un modo surrettizio di reintrodurre il “consultivo”.(2)
Su questa lunghezza d’onda potremmo continuare sino a scrivere un libro. Analogamente potremmo dissertare infinitamente sull’ossessiva ricerca di unità tra le varie forze indipendentiste. Cosa quantomeno discutibile considerato che la storia dell’indipendentismo nel mondo è costellata di frazionismi e distinguo. Oppure della maniacale ricerca di un leader, ignorando bellamente che un vero leader non cerca consensi, li plasma.
Insomma se l’indipendentismo veneto – e non solo quello – vorrà decidere cosa fare da grande, innanzi tutto dovrà abbandonare le persone che parlano per slogan, e cominciare a valorizzare coloro che prospettano in quale nuovo assetto istituzionale si vuole condurre l’autodeterminazione.
Spesso alcuni pseudo leader si riempiono la bocca di promesse che materializzeranno un sistema federale di tipo svizzero, ma costoro, come tutti i politici, non debbono essere valutati per quello che dicono, bensì per quello che fanno. Ed alcuni di essi, quando sono stati eletti pubblici amministratori, perché sedicenti federalisti, di ciò non hanno fatto nulla.
Luigi Einaudi (“Il buongoverno, Via il prefetto”, p. 53, Edizioni Laterza, Bari, 1955), scriveva: «Gli svizzeri sanno che la democrazia comincia dal Comune, che è cosa dei cittadini, i quali non solo eleggono i loro Consiglieri o Sindaci o Presidenti o Borgomastri, ma da sé, senza intervento e tutela e comando di gente posta fuori dal Comune od a questo sovrapposta, se lo amministrano, se lo mandano in malora o lo fanno prosperare. L’autogoverno continua nel Cantone, il quale è un vero Stato, il quale da sé si fa le sue leggi, se le vota nel suo Parlamento e le applica per mezzo dei suoi Consiglieri di stato, senza ottenere approvazione da Berna…»
* * *
NOTE:
(1) ART. 67 – EFFETTI DEL REFERENDUM, Comma 3, dello Statuto del Comune di Santa Lucia di Piave (TV).
(2) ART. 37 – Referendum, Comma 8, dello Statuto del Comune Costabissara (VI)