Quale occasione più propensa di un imminente congresso di un partito per suggerire qualche spunto di dibattito? Questo quotidiano spesso ospita interventi di esponenti di Grande Nord, che il 17 febbraio celebra il suo primo congresso a Milano. Senza volerci sostituire a nessuno, ci permettiamo nel nostro piccolo di dare qualche modesto suggerimento dall’ultima fila in cui siamo seduti. Da cittadini siamo curiosi di conoscere cosa uscirà dal congresso di un nuovo partito che si propone di rappresentare il Nord. Speriamo sia la rappresentanza non di un ricordo, non di una nostalgia, non per una rivalsa ma per proporre qualcosa di nuovo e fresco, che parli di Europa, di tasse, di lavoro, di diritti, di libertà, senza slogan. Da oggi pubblichiamo notizie per sollecitare qualche risposta e idea da Grande Nord. La gente vuole capire come risponde chi viene a chiederci consenso. (la redazione)
di STEFANIA PIAZZO – Essere o non essere, o meglio, dire o non dire la verità sui migranti? Non è questione di 49 o 490 migranti che chiedono aiuto. La questione migrazioni è essenzialmente una battaglia mediatica. Tra apparenti buoni e apparenti cattivi. Occorre purtroppo leggere diversi giornali, mettere insieme le notizie per capirne di più perché la politica balbetta. Si limita a prendere posizione: sbarchi sì sbarchi no. La questione è invece un’altra. E cioè smontare quella che può definirsi ormai una insopportabile propaganda. L’altro giorno il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, prendendo come spunto la vicenda della Sea Watch, ha detto come stanno le cose. Quali risultati sono stati raggiunti?
“In sette mesi di governo, il ministro ha fatto di tutto per mettere al sicuro il nostro paese da una futura e non impossibile crisi legata all’immigrazione? Il risultato di questa mini indagine ci porta a dire che sono molti i dossier sui quali l’intervento di Salvini ha contribuito non a migliorare ma a peggiorare in prospettiva i problemi dell’Italia”.
Altro aspetto inquietante. Il trattato di Dublino. Altro affondo. Il trattato dice che se sei il primo paese membro in cui viene registrata una richiesta di asilo, devi farti carico della richiesta d’asilo del rifugiato.
Ma è vero o non è vero che “nel contratto di governo Salvini e Di Maio avevano spergiurato “la revisione del Regolamento di Dublino e l’equa ripartizione dei migranti tra tutti i paesi dell’Ue”? Avevano, appunto, perché “I campioni del sovranismo tendono a non ricordarlo, ma lo scorso anno il Parlamento europeo ha approvato una legge – non votata dal Movimento 5 stelle e addirittura bocciata dalla Lega – che cancella il criterio che il primo paese di accesso debba essere quello in cui il migrante presenta la richiesta d’asilo. Il problema è che alla fine di giugno il primo Consiglio europeo a cui ha partecipato il presidente Conte ha creato le condizioni per non modificare mai più quel trattato, accettando il principio imposto dai paesi di Visegrád che ogni modifica del trattato di Dublino debba essere decisa all’unanimità dei paesi dell’Unione europea (è sufficiente dunque che uno dei paesi europei amici di Salvini ponga il veto alla modifica del trattato per non modificarlo più)”.
Quindi, non solo la Lega non ha voluto toccare Dublino. Di più. Dai paesi di Visegrad Salvini ha avuto il due di picche quanto ad aiuto e condivisione del tema immigrazione. Un bel muro sull’Italia.
In più…. i 500mila clandestini non sono stati rimandati a casa loro. Che fine hanno poi fatto “42 milioni di euro per i rimpatri ma nel decreto sicurezza ne sono stati stanziati appena tre”?.
Ha ragione il Foglio: servono almeno 70 anni, 10 in meno rispetto agli 80 anni che la Lega ha ottenuto per restituire i famosi 49 milioni di euro in comode rate.
Insomma, il sovranismo è propaganda o concretezza? La realtà, siamo d’accordo con Cerasa, è un’altra cosa. Ma forse la gente ha bisogno di sogni e illusioni e di giovani illusionisti.