di STEFANO BRUNO GALLI
ci conosciamo da un quarto di secolo, dagli anni dell’avventura editoriale di Etnie, unica e autorevole voce nell’inverno delle autonomie e delle minoranze nell’età della Prima repubblica. Allora ero solo un giovane imberbe e tu un pochino più avanti di me. Ma tra noi due c’è sempre stato quel rapporto aperto, franco e chiaro, come si conviene a due padani veri; rapporto al quale faccio appello in questa sede – seguo e ti seguo sull’Indipendenza – per sviluppare alcune considerazioni in merito al tuo articolo Macroregione padano-alpina: il furbo Formigoni e il ruolo di Maroni.
La «lezioncina» di storia della macroregione padano-alpina (Zerbi, Fanti, Fondazione Agnelli, Miglio: mancava solo il mio amato Putnam) che ha fatto il Presidente Formigoni nel suo sito rispecchiava i contenuti e la struttura di un mio articolo – non citato – di qualche giorno fa, apparso sul Sussidiario. Le date lo certificano. Ovviamente il Presidente non è giunto alle mie medesime conclusioni rispetto alla situazione del presente. Basta andare a leggerlo, questo articolo, che comunque ha avuto un’ampia diffusione sui social network e numerose approvazioni (lo trovi QUI).
Studio e scrivo su questi temi da tempo, sia in sede scientifico-universitaria, sia in sede divulgativa. E regolarmente trovo da anni ospitalità sui mezzi di comunicazione ufficiali della Lega, che sono organi di partito: pubblico sulla Padania, intervengo e vengo intervistato da TelePadania e da RadioPadania Libera. Non sono stato estromesso, non sono dotato di «straordinarie doti di leccaculismo» (ma non penso ti riferissi a me) e non credo neppure di essere una «disciplinatissima nullità». Mi sono semplicemente ricavato il mio spazio, senza pestare i piedi o sgomitare, solo con il mio lavoro. È il mio stile. Non è quindi del tutto corretto quel che tu affermi a proposito dell’atteggiamento della Lega relativamente alla Padania, alla Macroregione del Nord e alla Questione settentrionale. Ti cito: «il Carroccio ha trattato il tema cruciale della Padania e della Macroregione delle comunità padano-alpine con la profondità della chiacchiera da bar, non l’ha rivestita di contenuti culturali o ideologici ma l’ha avviluppata di pirlate, di corse ciclistiche, concorsi di bellezza e di altre iniziative inutili e becere».
Stampati e raccolti, i miei articoli degli ultimi quattro-cinque anni compongono due voluminosi faldoni. E i temi dei miei interventi sono sempre i soliti, quelli legati alla «ragione sociale del Carroccio», come la definisci tu. Mettici poi le conferenze che ho tenuto nelle varie sezioni della Lega, i cicli di incontri che ho organizzato, i dibattiti ai quali ho partecipato. Basta andare a leggere la risoluzione finale del Parlamento del Nord di Vicenza del marzo 2008, nell’ambito del quale ho svolto – su incarico dell’attuale Segretario federale, Roberto Maroni, allora Presidente del PdN – il ruolo di coordinatore scientifico del Gruppo n. 1 sul Federalismo istituzionale. Oppure leggere la sbobinatura del mio intervento al Parlamento della Padania di qualche mese fa. Intendiamoci, sono d’accordo che la Lega avrebbe potuto spendere qualche euro in meno per organizzare Miss Padania o il Giro della Padania, per destinare le risorse a organizzare convegni e dibattiti, ricerche e pubblicazioni sulla Questione del Nord. Roberto Maroni – sono certo – lo farà.
E tuttavia, un conto è il piano culturale, altro è quello politico. Non confondere, caro Gilberto, i due piani. Che la Lega, dal punto di vista politico e istituzionale, abbia seguìto un altro percorso e che – come tutti i partiti – abbia qualche difficoltà nella selezione della classe politica, non vuol dire che abbia negato ai padanisti di buona volontà, e dotati dei necessari strumenti, di lavorare sul piano culturale per ricostruire e ribadire le ragioni di sempre. Che sono poi le giuste ragioni del Grande Nord. Certo, si sarebbe potuto dare maggior risalto a questo lavoro, invece di relegarlo in un angolino. Magari è stata poca cosa e la mia ti sembrerà una difesa d’ufficio. Però, te lo assicuro, in questo angolino la fiaccola del federalismo e del padanismo, di Zerbi e di Fanti, della Fondazione Agnelli e di Miglio – ma anche di Putnam – ardeva e scaldava i cuori. Basta parlare con qualche militante.
Con la stima di sempre.