di Corrado Callegari – Da quando in Veneto, ma così come in altre regioni, non si può alzare la voce per chiedere, tanto per essere chiari, l’autogoverno? E’ sorprendente leggere come ieri sul Gazzettino, la presa di posizione di un ultras, anzi, ex ultras indipendentista e bossiano padanista come Roberto Marcato. Perché l’assessore regionale di Zaia avverte che invece certi “aneliti indipendentisti” sono controproducenti. Insomma, ragazzi, anzi, compagni, dietrofront, non parlate più di queste cose. Sono imbarazzanti e portano via voti a Salvini. Fino all’altro giorno la secessione andava bene, adesso spingere sul referendum per l’autonomia, neanche per la secessione, fa male al fegato.
Vedi, Marcato, non sono solo gli “aneliti indipendentisti” – presenza di cui oggi vi vergognate come se foste dei ladri, semmai i ladri sono altri, quelli che l’autogoverno lo negano altrimenti come cosa vivrebbero sulle spalle degli altri senza lavorare – la pietra dello scandalo. E’ che voi avete rimosso tutto, in primis il Nord. Ma questa fretta nel diventare pacatamente, moderatamente e poi prepotentemente nazionalisti, orgogliosamente italiani senza ricordare da dove si arriva e la ragione per cui, politicamente, si è nati, fare cioè gli interessi del Nord, non è una cosa poi nuova.
Mi permetto di rubare al direttore de lindipendenzanuova, un pezzo di analisi che fece quando Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, il 6 giugno di due anni fa, affermò che i partiti hanno ormai pudore di usare la parola Nord.
“Aggiungo una notazione – scriveva Panebianco -. Per pudore se ne parla poco ma c’è un’economia che cresce, e molto, al Nord, e un’economia stagnante al Sud. La forbice tra Nord e Sud, prosegue, in questi anni, si è divaricata ulteriormente”.
Scriveva la Piazzo: “E le risposte? Latitano. La questione secondo Panebianco diventa più grave e non gestibile a fronte di uno Stato privo di classe politica. Infatti, spiega, “Solo istituzioni solide e capaci di ridurre la frammentazione politica e favorire la governabilità potrebbero consentire alla democrazia di assorbire le tensioni generate da questa accresciuta divisione”. E’ una sberla alla linea sovranista, nazionalista di qualche leader ma anche alla politica regionale evidentemente non adeguata a trattare con Roma le istanze di questa slavina in arrivo”.
Concordo in pieno, dalla prima all’ultima parola. Dovevamo ancora votare il referendum sull’autonomia, ma era evidente come gli interessi fossero strategicamente altri. Poi la discussione politica, fateci caso, è svicolata sulla legge elettorale, perché ad ogni cambio di stagione-cambio di armadio, bisogna farne una per sistemarsi. Ieri come allora la domanda di Panebianco resta in ogni caso senza risposta: politici di razza in giro capaci di pensare al bene comune ce ne sono in giro? Quanto poi al Partito dei Veneti che Marcato liquida come un ritrovo meno numeroso della cena del coniglio di suo zio, rispondo che c’è un Veneto diverso fuori dal Palazzo della regione e il fatto, grave, di non essersene accorti, tacciando quasi di combricola della briscola un fronte unitario di quasi tutte le sigle dell’autonomismo veneto, la dice lunga sulla concezione di partito, di consenso da Piazza Venezia e di politica da poteri forti che oggi impera nella Lega dell’orgoglio italiano di Salvini. Ritrovarsi in un palazzetto a parlare di politica è sconveniente. La democrazia cristiana leghista che controlla il Veneto garantendo ai ras locali un posticino alle prossime elezioni, stia serena. Anche Marcato stia sereno, il coniglio non glielo portiamo via.
Responsabile Confederazione Grande Nord Veneto