di ROMANO BRACALINI – Questo difetto, o debolezza, distingue la politica ancora oggi che sfrutta tutte le convenzioni e i vantaggi più ostentati del sottopotere. E’ ciò che la rende simile all’oligarchia che non teme i contraccolpi e le proteste del popolo. Nel 1981 la rivista americana “Time” dedicò un numero speciale all’Italia. In copertina, accanto alla torre pendente di Pisa (allegoria dell’Italia), il titolo:”Why Italy works” (Perché l’Italia funziona).Pareva infatti un miracolo che il Paese funzionasse visto com’era combinato!
Gli italiani,scriveva la rivista, sopravvivono a dispetto della grande distanza che li separa dai loro deboli e inefficienti governi. Sopravvivono nonostante un sistema di assistenza sociale che è fuori controllo, di scuole e servizi sociali che sono nello scompiglio e, forse peggio di tutto, di una burocrazia che viene irrisa con i termini “lacci e lacciuoli” (in italiano nel testo). La raccomandazione di un politico ben piazzato era il solo modo per ottenere dei vantaggi. A Parma, raccontava “Time”, un’azienda aveva impiegato mesi nel tentativo di ricevere un servizio di telex per ampliare la sua attività di esportazione. Non ottenendo nulla dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, l’azienda aveva ottenuto ciò che cercava tramite i buoni uffici di un politico locale. Due mesi dopo l’installazione del telex era arrivato un messaggio dal Ministero: ”Spiacenti di comunicare che la vostra richiesta per il telex non può essere accettata”.
L’esasperazione di questi ultimi anni ha nuovamente fatto riemergere un sentimento di rivolta “populista”, interpretato dai partiti antistato, prima dalla Lega ,poi dal Movimento Cinque Stelle e dagli innumerevoli movimenti e liste civiche che si sono formati da Nord a Sud. Tutti contro i partiti tradizionali, di sinistra e di centro-destra. Tutti destinati o a scomparire o a diventare uguali agli altri. Il nuovo governo verde-giallo di Lega e grillini è già al massimo della confusione e della contraddizione più evidente. I ministri grillini, con il sodale premier Conte, che governa per interposta persona, si sono già dimostrati dilettanti della politica e di non soverchia cultura,massimo quel Giggino Di Maio, il nero di Avellino, passato dalla vendita di aranciate ai più alti fastigi di governo, senza vantaggi per il congiuntivo.
E’ opinione diffusa che la politica si sia trasformata in un mezzo per farsi gli affari propri e vivere alle spalle della comunità. Se così non fosse non si spiegherebbe l’alto numero di partiti e partitini presenti oggi in Italia. Fino a ieri si contava il Leu (del magistrato Grasso), che non è l’incipit di una malattia, già dato in via di estinzione; e già si annuncia il nuovo partito europeista dell’editore Cairo. E pare che anche Renzi, dopo i successi riportati, sia intenzionato a fondarne uno a sua immagine e somiglianza. La frammentazione del sistema corrisponde al naturale istinto di divisione e di setta. In Italia un partito, per quanto vecchio e superato, non scompare mai completamente, semplicemente cambia nome o si scinde in altri partitini in lizza fra loro, com’è accaduto agli eredi della vecchia balena bianca democristiana.
E’ più conveniente fondare un partito che avviare un’impresa. Un partito offre un compenso adeguato, che nessun altro impiego potrebbe eguagliare. Basta superare l’un per cento per avere diritto al rimborso elettorale. Recentemente i partiti che in Italia sono riusciti ad ottenerlo sono stati esattamente 76: un record mondiale. Non è finita. Nel caos politico, i partiti ammessi alle elezioni politiche e regionali del 24- 25 febbraio 2013 sono stati 169. Paese dell’eterno Carnevale.