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Bossi si dimise. Questa Lega non lascia il potere

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di STEFANIA PIAZZO – Giusto per capire di cosa stiamo parlando. Di là c’era una contestata ristrutturazione della terrazza di Gemonio e delle multe da pagare, 90mila euro investiti in diamanti… una laurea albanese farlocca… Di qua c’è un casino internazionale di proporzioni bibliche. Di là… Bossi si dimise. Fu costretto a dimettersi. Di qua, solo fantasie. Nessuna mela marcia.

Non ci sono analogie tra la vicenda Metropol e lo scandalo del 2012 che ribaltò per sempre e in modo rovinoso la Lega, creando uno spartiacque tra il prima e il dopo. Ma un dato di fatto c’è. Bossi fece un passo indietro prima ancora che fossero i processi a dire chi avesse torto o ragione. Fu costretto a dimettersi. Gli elementi che fecero da detonatore morale furono i fondi passati per la Tanzania e i diamanti. Per i diamanti vi fu il palco di Pontida nel 2013. Avrebbero dovuto andare, quelle poche pietre, alle sezioni più meritevoli. In realtà restarono a bilancio, alla ricerca di essere venduti. 90 mila euro. Una cifra che fa sorridere rispetto ai 49 milioni di euro che la magistratura ancora cerca, non convinta siano stati tutti spesi nelle successive gestioni.

Non affrontiamo la questione russa sul fronte dei rubli. La questione Metropol è leggermente più grave e pare incredibile che i vertici della Lega non ne siano consapevoli. Il caso Metropol ha messo in discussione la credibilità dell’Italia a livello internazionale, la sua autorevolezza in Europa. E la domanda è anche chi potesse decidere, influenzare, per l’Italia, la politica estera, da dentro o fuori la Lega. La questione è ammettere che trama politica, sotterranea, che fiume carsico di relazioni vi sia nella coppia di fatto Lega-Russia, matrioska di altre coppie di fatto tra la Lega, e alcuni suoi più fidati collaboratori stretti.

Salvini, a fronte di quanto si legge, non parla né di evidenza di mele marce né di intrusi. Gli elementi fin qui emersi non gli suggeriscono nulla. Non gli fanno temere nulla. Tranne ribadire sempre che lui non sapeva cosa facessero persone che da 30 anni sono in Lega o vi gravitano ai più alti livelli, ma abitualmente al suo fianco. Ed è su questo che le opposizioni stanno insistendo. Gli stanno dicendo: raccontacela giusta.

Ora, qualche domanda va posta perché qualcosa non torna.

Non è consentito a chiunque di attraversare più porte della segreteria politica di un partito. Sei uno che conta. Mario Rossi non diventa prima magari portavoce di un segretario delle segreterie nazionali, o non va con un ministro a Roma e poi non finisce ai vertici della comunicazione di una Regione, e non diventa poi portavoce del segretario del partito. Insomma, solo ai vertici. E’ un percorso di successo, referenziato. Vuol dire avere la fiducia non solo ai massimi livelli, ma essere capace di garantire il prodotto professionale.

Ora, l’inchiesta apre scenari e quinte “secondarie”, di una rete di relazioni culturali con una destra particolarmente radicale, madre di tutte le destre. Frequentazioni intellettuali con correnti di pensiero che non sono europeiste, anzi. Tutto lecito, ma opportuno?

C’è da chiedersi se nessuno si sia mai accorto di nulla prima, se a tutti, in tanti anni, andassero a fagiolo le tendenze ideologiche culturali dei propri collaboratori, ritenendole idee assimilabili col pensiero leghista, e piuttosto funzionali per arrivare oltre Bruxelles. Per spaccare l’Europa, più che per cambiarla.

Se è un complotto, il tempo darà ragione a questa versione. Se complotto non dovesse essere, e fosse stato fatto saltare un tappo, al di là della vicenda giudiziaria che farà il suo corso?

Nessuno ha notato mai una mezza anomalia,  e cioè che tra il pensiero federalista, liberale e quello dell’ipernazionalismo russo non ci sono neuroni di contatto? Che è un po’ come fare finta di niente se in un ufficio vi siano simboli di un passato ingombrante piuttosto che la foto di Micio? Dettagli trascurabili?

Alla fine della faccenda, nell’aprile 2012 Bossi si dimise da segretario federale della Lega. Eppure le dimensioni mediatiche di quei fatti sono poca roba rispetto a quello che sta accadendo ora, un pasticcio internazionale,  in cui non si sa chi e perché abbia messo in circolo l’audio del Metropol. Con serie ripercussioni tanto che l’Italia è fuori dalla Commissione Europea, ma fuori anche dalle relazioni di credibilità in questo contesto. E’ da fuori di testa.

Ma nel Carroccio chi detiene il pallino della politica estera? Perché diventare la “bestia” (nera?) dell’Unione è un traguardo che non è da tutti.

Non si può in eterno andare a dire che è sempre e solo l’Europa la madre di tutti i mali e che è l’Europa il problema. La Lega un problema forse ce l’ha, e se lo è coltivato in casa. Non se ne è mai accorta?

Conclusione… Alla fine della fiera, Bossi doveva saltare. Lui e il cerchio magico. E ha fatto armi e bagagli con la truppa. Fuori dai piedi il fondatore, avanti con la pulizia e il cambiamento. E i barbari sognanti di allora? Incaregati nel nuovo corso.

Qui, col Metropol, ci sono solo vittime. “Vogliono fermare la Lega”. Non c’è più il cerchio magico, ma  il cerchio di adesso somiglia più ad un cappio, e non è dato ancora capire se il predellino riceverà un calcio o se resterà lì, nella consapevolezza che il tuo potere non è così eterno. Se il follower dei follower mette pollice verso, sono guai grossi. Vedi in politica come il vento gira veloce…

 

 

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