di GIANNI SARTORI – Il primo marzo 1981, Bobby Sands iniziava lo sciopero della fame che lo avrebbe portato alla morte dopo 66 giorni. Oggi Bobby è sepolto a Milltown, il cimitero cattolico
di Belfast-Ovest, posto lungo le “Falls” (Falls Road), la famosa arteria repubblicana. Qui riposano molti martiri della
causa irlandese: combattenti come Bobby Sands e Joe McDonnel o semplici cittadini assassinati dalla Polizia come
Sean Downes. Il 16 marzo 1988 Milltown fu teatro di una brutale aggressione armata, conclusasi con una strage di cattolici, ai danni di un corteo funebre.
Sembra soltanto ieri e invece è passato un quarto di secolo. Sotto gli occhi atto-niti di una vecchia Europa sazia e soddi-sfatta, 10 giovani repubblicani irlandesi sacrificavano la loro vita per rivendicare diritti inalienabili come quello dell’au-todeterminazione e per il riconoscimen-to dello status di prigioniero politico per chi viene incarcerato nel corso di una guerra di liberazione.
Lo sciopero della fame fino alle estreme conseguenze fa parte della tradizione celtica. Ma quello condotto con estrema determinazione dai prigionieri degli H Block, più che un esplicito richiamo al diritto tradizionale gaelico e alle leggi druidiche, rappresenta un atto pretta-mente politico all’interno di un processo collettivo di liberazione.
Negli ultimi 70 anni tra i detenuti politi-ci irlandesi si contano ben 22 martiri dello sciopero della fame.
Il primo di questa lista è Thomas Ashe, uno dei protagonisti della “Pasqua di Sangue” dublinese del 1916, morto nel 1917 dopo essere stato costretto a ingeri-re cibo per forza. Nel 1920 muore Terence McSweeney, sindaco di Cork, detenuto
nel carcere di Brixton (Londra), dopo 74 giorni di sciopero della fame. Nel corso della medesima protesta morirono anche Fitzgerald Michael e Murphy Joseph. Nel 1923, durante la vera e propria guerra civile tra l’Ira e i sostenitori dello
“Stato Libero”, disposti ad accettare la divisione dell’isola, morirono nel carce-re irlandese di Montioy Andrew Sulli-van e Dennis Barry, dopo 43 giorni di sciopero.
Sempre in Irlanda, nel carcere di Arbour Hill, nel 1940 morirono dopo oltre 50 giorni di sciopero della fame Jack McNeela e Tony d’Arcy. In un altro carcere irlandese la stessa sorte toccò a Joseph Witty. Nel 1943, dopo 31 giorni di sciopero della fame e della sete, muore nel carce-re di Dublino il volontario dell’Ira Sean Mc Caughey.
All’inizio degli anni Settanta la situazio-ne in Irlanda del Nord precipita: il 6 febbraio 1971 l’Ira uccide un soldato inglese (vittima che va ad aggiungersi ai soldati già uccisi nel 1969 dai cecchini protestanti) e la reazione non tarda; il 9 agosto dello stesso anno viene introdot-to l’internamento a tempo indetermina-to (quella stessa mattina 342 uomini, in prevalenza cattolici, furono arrestati) durante il quale sarà regolarmente im-piegata la tortura fisica.
Si intensificano gli scontri di strada e il 30 gennaio 1972 le truppe inglesi massa-crano tredici persone inermi a Derry (“domenica di sangue”).
Due mesi dopo Londra riprende in ma-no direttamente l’amministrazione del-l’Ulster e “concede” ai detenuti repub-blicani lo status di prigionieri politici. Ma la pressione giudiziaria si fa sempre più pesante: nel 1973 vengono introdotti
i tribunali speciali, senza giuria, e nel 1974, con l’introduzione del “Preven-tion of terrorism act”, il fermo di Polizia viene portato a sette giorni. Nel periodo immediatamente successi-vo lo sciopero della fame provoca altre due vittime nelle carceri inglesi: Michael Gaugham nel 1974 e Frank Staff nel 1976.
Intanto era stato revocato lo status di prigioniero politico.
Il 27 ottobre del 1980 inizia negli H Block del carcere di Long Kesh (soprannomi-nato “Maze”) uno sciopero della fame che, dopo essere stato sospeso a Natale e ripreso nel marzo 1981, porterà alla morte di 10 militanti repubblicani. Che i loro nomi possano vivere per sempre nella mente, nel cuore e nelle lotte di tutti gli oppressi e sfruttati del mondo. Più forti della morte.
La mattina del 5 maggio 1981 muore Bobby Sands. Nato a Belfast nel 1954 da madre cattolica e padre protestante, era entrato nell’Ira a soli 18 anni. Quando morì ne aveva 27. Il 14 maggio, dopo 59 giorni di sciopero, muore Francis Hughes, di 25 anni. Soprannominato “il Che Guevara dell’Ulster”, nel ’78 era stato arrestato e condannato all’ergastolo con l’accusa di aver ucciso otto soldati inglesi.
Raimond McCreesh muore il 21 maggio, dopo 61 giorni. Entrato nell’Ira a soli 16 anni, fu arrestato nel ’76 dopo un’imboscata contro l’esercito. Quando morì ave-va 24 anni ed espresse al fratello sacerdo-te che l’assisteva il desiderio che la sua morte non provocasse alcuna violenza. Patsy O’Hara si era staccato dall’Ira e unito, nel 1975, all’Inla (Irish NationalLiberation Army) di Derry. Dopo l’arre-sto subì in carcere ogni tipo di violenza fisica e psichica. Morì il 21 maggio all’età di 24 anni.
L’8 luglio, dopo 61 giorni di astensione dal cibo, muore Joe McDonnel, membro dell’Ira di Belfast e il più anziano del gruppo. Fra i compagni che sostituirono
i primi quattro morti toccò a lui sostituire Bobby Sands, insieme al quale era stato arrestato e con cui oggi è sepolto. Martin Hurson era stato arrestato nel novembre del ’76 per cospirazione e detenzione di esplosivi. Portato a Long
Kesh, venne interrogato e torturato. Morì il 13 luglio, a 24 anni, dopo 46 giorni di sciopero della fame.
Kevin Lynch, militante dell’Inla, fu arre-stato nel ’76 in seguito all’uccisione di un poliziotto, venne torturato e condan-nato a dieci anni, Iniziò lo sciopero della fame il 23 maggio e morì il 21 agosto, all’età di 25 anni.
Kieran Doherty, già attivissimo militante dell’Ira, durante lo sciopero della fame svolse un ruolo di leader, ricono-sciutogli dagli altri detenuti, soprattutto nei contatti con la Chiesa. Morì il 2 agosto, a 25 anni, dopo essere riuscito a sopravvivere senza cibo per 73 giorni. Thomas McIlwee, esponente dell’Ira, passò la maggior parte della sua prigionia nel blocco di punizione. Quando morì, dopo 62 giorni di sciopero della fame, aveva solo 23 anni.
Emblematica la vita di Micki Devine. Vissuto fin da bambino in condizioni di estrema povertà (raccontò di aver spesso patito la fame), fu uno dei primi membri dell’Inla di Derry. Iniziò lo scio-pero della fame a metà giugno e morì il
20 agosto, a 27 anni. Altri due prigionieri vennero salvati quando ormai erano in coma. Uno di loro, Pat McGeown, è morto nel 1994. L’altro, Lawrence McKeown, scrittore e conferenziere, è rimasto profondamente segnato a livello fisico.
Ho avuto l’onore di incontrare McKeown una decina di anni fa durante un giro di conferenze. Naturalmente gli chiesi dove avesse trovato la determina-zione per aggiungere anche il suo nome alla lista dei volontari che avrebbero
dovuto sostituire i compagni morti durante la protesta. «È praticamente impossibile – mi aveva detto – capire perché siamo arrivati a questa decisione senza conoscere cosa era accaduto a Long Kesh nei cinque anni precedenti, dopo che ci era stato
tolto lo status di prigionieri di guerra. Le condizioni dei prigionieri erano brutali e nessuna forma di protesta sembrava in grado di modificarle. Eravamo tutti molto giovani, tra i 20 e i 30 anni. La maggior parte quando erano entrati in carcere erano poco più che adolescenti. Tra di noi c’era molta unione, molta solidarietà e forti convinzioni politiche, le stesse che mi avevano portato a entra-re nell’Ira, ben sapendo che la prospetti-va della prigione e della morte era tut-t’altro che remota.
Vedere con i miei occhi la dura repressione subita dai detenuti non ha fatto altro che rafforzare le mie convinzioni. Il governo britanni-co tentava in tutti i modi di criminaliz-zarci, di farci apparire come delinquenti comuni. Dovevamo ribellarci per dimo-strare che le nostre scelte e le nostre azioni erano politiche, non criminali». Aveva poi aggiunto che «molti volontari dell’Ira prigionieri sono morti in sciope-ro della fame negli anni Venti, Quaranta, Settanta… E così via fino al 1981. In tutto i detenuti politici irlandesi morti durante uno sciopero della fame negli ultimi 80 anni sono 22. Di tutti loro possiamo dire che sono “Morti perché altri fossero libe-ri” come è scritto sulla tomba di Micky Devine e Patsy O’Hara, a Derry. Anche
lo status di prigioniero politico era stato ottenuto, nel 1972, con uno sciopero della fame. Venne poi ritirato nel 1976».
La loro decisione quindi non fu certo presa alla leggera. «Per quanto mi riguarda – proseguiva McKeown – ero ben consapevole che questo sciopero sarebbe stato portato fino alle estreme conse-guenze. Mettendo il nostro nome nella lista dei volontari non sape-vamo quando sarebbe venuto il nostro turno; chi sarebbe morto e chi sarebbe sopravvissuto. Avevo pensato molto a quali sarebbero state le conseguenze per la mia fami-glia… Io almeno ero sposato ma nonavevo figli, diversamente da altri volontari, come Bobby Sands…».
Le richieste fondamentali degli scioperanti di Long Kesh erano cinque, strettamente collegate alla rivendicazione dello status di prigionieri politici: non in-dossare uniformi carcerarie, non svolgere lavori penali, libertà di studio e associazione,
possibilità di ricevere visite e pacchi, diritto alla riduzione della pena. Tali richieste, anche se in maniera non plateale e senza la reintroduzione formale dello status di prigioniero politico, vennero poi ricono-sciute e soddisfatte nella sostanza.
Ai primi di novembre del 1981, infatti, dopo la fine dello sciopero della fame, il ministro Prior presentava le sue riforme carcerarie che comportavano per i dete-nuti repubblicani del “Maze” il permesso di indossare i propri vestiti, la possi-bilità di beneficiare della riduzione della pena ecc. Niente altro da aggiungere che non sia già stato detto dai diretti interes-sati con il loro gesto così radicale e definitivo. «In qualunque luogo mi sor-prenda la Morte, seppellite il mio cuore a Milltown».
da il settimanale “Il Federalismo” del marzo 2006