Bianchini versus Indipendenza: Erasmus? Conglomerato di giovani da discoteca. Europarlamento? Conta zero…

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di SERGIO BIANCHINI – Sono in totale disaccordo con l’articolo http://www.lindipendenzanuova.com/italia-condannata-dal-voto-del-26-maggio-alla-marginalita-e-irrilevanza-politica/.

In primo luogo c’è da dire che il parlamento europeo conta zero. In Europa decide, all’unanimità il consiglio di tutti i ministri e dei capi di governo. Poi viene la commissione che non ha alcun potere se non verificare l’aderenza dei singoli stati alle decisioni UNANIMI. Chi dissente blocca le decisioni o comunque si sottrae legalmente alla loro applicazione.

Il parlamento ha solo poteri di valutazione a posteriori, valutazioni non vincolanti e di stimolo risetto a leggi che devono comunque essere approvate all’UNANIMITA’ dai capi di governo.
Quando la commissione ” sgrida” uno statom è perchè non applica le decisioni UNANIMI a cui ha partecipato. Quindi conta di più un solo capo di governo che tutto il parlamento europeo.  A parte le comode poltrone.
Per quasnto riguarda la generazione Erasmus è proprio un conglomerato di quel cittadino del mondo a cui ogni forza identitaria dovrebbe opporsi.
E la cronaca ci da ogni giorno notizie dei giovanotti e delle ragazze erasmus che sono in giro a studiare …le discoteche.
Saluti Bianchini
di STEFANIA PIAZZO – Ci piace il confronto, anche quando c’è dissenso. Partirei dal fondo, professor Bianchini. Dalla generazione Erasmus. Io non ho avuto la fortuna di studiare all’estero, Erasmus arrivò quando avevo già terminato l’università e già avevo iniziato a praticare il giornalismo. Oggi milioni di universitari hanno la fortuna di studiare all’estero e, magari, di restarci. Perché in Italia non c’è lavoro, e il guadagno è vergognoso. Banalizzare e omologare dieci cretini che se la spassano in discoteca per fumarsi il cervello con quattro generazione di studenti che fanno sacrifici, assieme alle loro famiglie, non  rende merito alla sua intelligenza, professore. Lo sa bene che non si tratta di conglomerati mondialisti. Le università italiane sono ambienti chiusi. Qui lo dico e non lo nego, io riuscii a sbloccare la mia tesi, 25 anni fa, solo dopo aver recensito un libro del mio relatore.  Me ne inviò un secondo, ero già laureata, ma lo ignorai. Scrisse al direttore del giornale una lettera di fuoco contro una “sedicente giornalista” irriconoscente. Insomma, forza Erasmus! Altro che opporsi… Anche perché i giovani hanno una visione di Europa meno viziata della nostra. Meno ideologica, più europea, appunto. E il concetto di identità europea non dovrebbe toglierci certezze, semmai trovare i punti comuni di una radice culturale che ha fondato l’Europa. O dovremmo per questo timore, non spostarci di casa?
Invece, e vengo al resto del pezzo sulla marginalità italiana, il voto del 26 maggio, ha dimostrato che la visione europea dei meno giovani e dei giovani sfiduciati confida nel populismo come piede di porco per cambiare in meglio l’Europa. Per aprirla come una scatola di sardine, sullo stile di chi voleva fare altrettanto col parlamento italiano. Non si va lontano… Lo dice lei stesso che lo stesso europarlamento conta poco. Ma sono i rapporti di forza interni ai gruppi politici del parlamento, a giocare la partita delle nomine, le nomine di quelli che poi decidono nella commissione europea.
E allora mi dica, professore, che ruolo ha la pattuglia frammentata dei populisti dentro tre diversi gruppi politici, nell’estrarre le carte? Nessuna. E poco o nulla i pochi eurodeputati italiani che stanno nel partito popolare o nei socialdemocratici. Uno sparuto gruppo. Che non avrà peso per imporre nostri nomi.
Sta a vedere che l’onda nazionalista populista porta il risultato che nessun ruolo di vertice sarà affidato ad un italiano?
L’Europa non si fonda solo sulla politica antibarconi. Magari fosse anche altro, magari.
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