Bernardelli: Un quarto dello stipendio va in bollette, tre quarti delle bollette sono tasse.

euro-casa

di ROBERTO BERNARDELLI – Prendete una bolletta. Tre quarti dell’importo sono tasse, imposte, addizionali. Il consumo reale è meno della metà dell’importo finale della fattura. E adesso aggiungete che l’ultimo studio di Confcommercio che qui fedelmente di seguito proponiamo (giusto perché non ci inventiamo nulla, non è demagogia ma Stato italiano), certifica che almeno un quarto della spesa di casa va ancora per le bollette. Si fa meno la spesa, si consuma di meno. Insomma, si lavora per mantenere le tariffe alte (ma non esisteva Mister Prezzi? non esiste il Garante per il mercato?…), per scaldarsi, lavarsi.

E poi dicono che c’è la ripresa? C’è la presa della corrente sempre più cara. Bernardelli: Un quarto dello stipendio va in bollette, tre quarti delle bollette sono tasse.

Meno cibo e vestiti, più spese obbligate: così è cambiata in vent’anni la spesa degli italiani. Affitto e bollette oggi assorbono quasi un quarto della spesa. Nel 1995 la quota di spesa procapite destinata all’abitazione e alle bollette di gas, elettricità ed acqua era al 18,3% mentre nel 2015 è schizzata al 23,9%. Nello stesso periodo la quota di spesa per alimentari e bevande è scesa dal 16,9% del 1995 al 14,3% del 2015. In calo anche i consumi legati al vestiario e alle calzature con risorse passate dal 7,7% al 6,2%. E’ la fotografia scattata dall’Ufficio Studi di Confcommercio nello studio sui consumi delle famiglie. Dunque meno beni e più servizi, meno consumi commercializzabili e più spese obbligate. I cambiamenti nella struttura della spesa per consumi degli ultimi anni vanno ad ispessire la quota destinata all’abitazione e ai servizi ad essa collegati (gas, luce, acqua) e quella destinata ai consumi fuori casa, soprattutto per ragioni socio-demografiche.

Le due aree hanno guadagnato 7,5 punti percentuali nel complesso, a scapito degli alimentari (-2,6 punti percentuali in venti anni), del vestiario e delle calzature (-1,5%), dei mobili e degli elettrodomestici (-1,8). La terziarizzazione dei consumi, secondo Confcommercio, è forse un fenomeno ancora sottovalutato: la quota di spesa per i beni è passata in venti anni dal 56,4% al 47,4%, con una perdita di nove punti percentuali. I consumi ormai sono sempre più acquisizione di servizi (soluzioni, piuttosto che oggetti). Al netto della componente di prezzo, alcuni beni hanno conosciuto dinamiche eccezionalmente positive. Sono evidenti tanto il caso dell’elettronica di consumo, assieme all’information technology domestica, quanto quello dei beni e dei servizi per le telecomunicazioni: il consumo pro capite in queste aree nel corso degli ultimi 21 anni, facendo riferimento al 2016 come punto d’arrivo, è stato moltiplicato per 4,4 nel primo caso e per 2,8 nel secondo. Nel periodo della grande crisi (2008-2014), infine, a fronte di una riduzione media dei consumi reali pro capite pari all’1,6% i servizi domestici e le altre spese della gestione della casa sono cresciuti dello 0,8% medio annuo.

In altre parole, una Repubblica fondata sulle bollette da pagare. Se poi sommiamo il canone Rai, spettacolo servito.

Print Friendly, PDF & Email
Articolo precedente

Padania, Catalogna e Occitania, il Quarto Stato

Articolo successivo

L'autonomia negata. Quel tormentato rapporto fra Veneto e stato italiano: dal 1889 ad oggi nulla è cambiato