di ROBERTO BERNARDELLI – Più si legge il dettaglio e più emergono gli aspetti contraddittori della riforma previdenziale che ha ritoccato (non abolito) la Fornero. La manovra del Governo sulle pensioni infatti è quasi tutta pensata per gli uomini. Le donne sono e restano ancelle del focolare. Infatti la cosiddetta quota 100, voluta dalla Lega, ha come requisito una massa di contributi che le donne, nel nostro sistema, essendo donne e madri, difficilmente riuscirà ad avere come requisito. Senza contare che già le donne pagano il prezzo di un mercato del lavoro che non le agevola, che le costringe a ingressi tardivi per fattori pregiudiziali.
La cosiddetta opzione donna, avere 35 anni di contributi e 57-58 anni di età anagrafica è finita in soffitta. Sapete invece chi beneficerà della riforma Salvini?Gli uomini, prevalentemente e in maggioranza al Nord e del settore pubblico in particolare (vedi a vantaggio degli uomini, residenti in prevalenza al Nord ).
Si parla di 9,3 milioni di assegni della gestione previdenziale Inps, di cui 5,2 milioni sono per uomini e 4,1 per le donne. Ma appunto per le ragioni di cui sopra, le donne agguantano il diritto alla pensione solo raggiungendo il limite di età previsto per la pensione di vecchiaia (che nel 2019 sarà di 67 anni), molto difficilmente prima, proprio a causa di carriere contributive discontinue.
Quanto poi alle pensioni di “anzianità/anticipate”, la quota maschile arriva al 77,5%: su 3,36 milioni, gli assegni per le donne sono infatti meno di un milione. E pensare che, dati Inps, dal 2016 sono state pagate con i requisiti di opzione donna appena 28mila pensioni per un costo di circa 120 milioni. Una cifra esigua. Siamo davvero tutti uguali per la Costituzione interpretata da Lega e 5Stelle?