di ROBERTO BERNARDELLI – Quanto tempo serve per ricostruire il Nord? Di certo serve una classe dirigente più preparata e presente nelle istituzioni e nella società.
Oggi chi ha potere contrattuale al Nord e sul Nord? Renzi? Berlusconi? Grillo? Salvini? Oggi forse la questione si pone più che per segmenti ideologici, per voti tematici. L’euro, gli immigrati, le pensioni… il lavoro. “Vota Antonio” non c’è più.
L’ideologia, lo dimostrano oggi i leader di partito, non paga. Paga il movimentismo, il populismo. E, in questa evoluzione al ribasso della politica, a cosa è servito il referendum lombardo sull’autonomia? Un’altra campagna elettorale!
Di certo il Nord che abbiamo conosciuto, non torna più. La crisi lo ha debilitato, disilluso. Fatta fuori la nostalgia, il Titanic partito da Southampton che non ha fatto i conti con l’iceberg, non può riemergere. Oggi però il cambiamento può arrivare dal basso, è una possibilità. Non è vangelo, non è detto che arrivi a destinazione. Ma rinunciare a questa prima e unica possibilità di parola, dopo il fallimento dei partiti trasformati in grandi gruppi di consenso su facebook, non sarebbe lombardo. Non sarebbe padano. Grande Nord ha dato una prova di coraggio e di identità il 15 settembre a Venezia. Nessuno è eterno, non lo sono i re, figuriamoci i governi delle promesse mancate alla prova dei mercati. Fanno la riforma delle pensioni, ma se non c’è lavoro, non ci sono i lavoratori per pagarle. Fanno la flat tax ma se c’è evasione cronica, non c’è giustizia sociale e fiscale al Nord. Dov’è la ripresa? Le liti verbali sul 3% di sforamento del Pil sono costate 1 miliardo di euro.
Che facciamo? Chiediamo di rateizzare anche questo e di metterlo a carico dei ministri incoscienti? Costruire una opposizione sul territorio è la sola scelta possibile per sopravvivere.