di ROBERTO BERNARDELLI – Non può essere sfuggito agli amici veneti e a chi osserva le manovre spericolate di questo governo del non fare, l’intervento di Massimo Finco, Presidente di Assindustria Venetocentro all’indomani delle elezioni europee. Premessa: rappresenta almeno 4mila imprese della provincia di Padova e Treviso. Ci siamo capiti.
Leggiamo insieme alcuni passaggi chiave, che io personalmente condivido, da imprenditore e da appassionato di politica: “Mi auguro che, spenta la propaganda elettorale, i 73 nuovi rappresentanti italiani al Parlamento europeo, di ogni famiglia politica, portino a Bruxelles una visione convintamente europeista che, pur nelle differenze e nella necessità di cambiare in meglio meccanismi e regole, ne confermi i valori e il riferimento imprescindibili”
E già qui i primi problemi. Convintamente europeisti ci sono i pochi eletti tra le fila di Forza Italia e del Pd. Gli altri sappiamo come la pensano. Ma proseguiamo. “Da soli non andiamo da nessuna parte, nella sfida globale serve più Europa, non meno”. E bravo presidente Finco! Centrata la questione in pieno. “Per reggere il confronto con Stati Uniti, Cina e Russia, le guerre commerciali, le minacce alla sicurezza, il fenomeno migratorio e in questo modo perseguire gli interessi nazionali”, spiega, non si torna agli staterelli rinascimentali o all’autarchia.
“Per questo sarà decisiva la capacità di tessere alleanze, a partire dall’odierno vertice dei capi di Stato e di Governo, per contare nelle scelte che contano (dalla Commissione e i commissari Ue alla Bce) e non isolarsi. Gli orizzonti nazionali non bastano, serve un percorso comune e più integrazione. Confermare la volontà europeista e anche però l’esigenza di cambiare ”questa” Europa, dal di dentro”, avverte. Ma certo, “gli orizzonti nazionali non bastano, ma si sa, qualcuno ha fatto man bassa proprio gridando che occorre sputare e demonizzare la brutta Europa.
Poi sento musica per le mie orecchie: “La strada sta nel mettere al centro l’industria e il lavoro, modificare il patto di Stabilità riconoscendo spazi agli investimenti pubblici nazionali, coordinare fiscalità, dogane, sicurezza, realizzare un controllo efficace sulla frontiera esterna comune. E anzitutto in una cultura aperta che punti sulla fiducia e la coesione e non sulle paure, per ridare un’anima al progetto europeo, opportunità per tutti e ridurre le disuguaglianze”, spiega. Ergo, basta propaganda sulla paura… Servono i fatti.
E lo dice: “Quello che adesso ci aspettiamo è che finiscano gli spot elettorali e si torni a pensare al Paese reale, al lavoro e alle imprese con azioni concrete. Occorre cambiare passo, rimettere mano alle scelte di spesa pubblica, con l’augurio che ciò accada ora con poca demagogia. Avviare una nuova e seria riflessione politica, perché molte decisioni degli ultimi mesi possano essere riviste e corrette e il ”contratto” verde-giallo reso più aderente alle reali urgenze del Paese e non dei contraenti”.
“Mi auguro che le due anime diverse del Governo prendano il risultato elettorale come un supplemento di responsabilità a fare e come un
bagno di umiltà. A maggior ragione in un momento insidioso per l’economia nazionale e in cui l’Italia deve affrontare scelte decisive come quelle della manovra autunnale, dopo scelte politiche particolarmente deludenti”, auspica.
“Il voto ha intercettato un consenso netto e polarizzato – conclude Finco – di cui fare un uso equilibrato. In termini generali, è una
democrazia debole, fragile quella in cui insieme a una maggioranza forte e capace di governare, non ci sia anche una opposizione strutturata, non ci sia confronto, contendibilità del consenso. Se c’è una sola squadra in campo va a scapito del bel gioco e del risultato. L’auspicio è che chi ha vinto nettamente sappia fare buon uso del mandato ricevuto, e chi non ha vinto sappia interpretare in maniera positiva per il Paese il ruolo di opposizione”.
Bravo, presidente. Manca solo una parolina: autonomia.