di Roberto Bernardelli – Il quadro impietoso fornito da Confcommercio ci dice che non lavoriamo solo per pagare le tasse ma anche per tutte quelle voci che mangiano letteralmente un costo della vita sempre più proibitivo. E non lo dico solo io che la povertà al Nord è in crescita ed è salita in pandemia più che al Sud. Nel 2021, nonostante il parziale recupero dei consumi in alcuni segmenti nei primi mesi, le SPESE OBBLIGATE si confermano la principale voce di spesa assorbendo il 42,8% dei consumi totali che, in termini monetari, significano 7.291 euro pro capite. Per molti non è solo la metà ma anche più della metà dello stipendio.
E’ quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sulle SPESE OBBLIGATE delle famiglie tra il 1995 e il 2020. Tra queste SPESE, sono quelle legate all’abitazione ad incidere maggiormente arrivando a ‘mangiarsi’, tra affitti, manutenzioni, bollette, e smaltimento rifiuti, 4.074 euro, la cifra più alta mai raggiunta dal 1995. Nel 2020, ricorda l’associazione, la crisi da Covid aveva inciso pesantemente sui bilanci familiari comprimendo le spese libere, con i servizi scesi al 15,6% del totale consumi (il minimo dal 1995), e aumentando le SPESE OBBLIGATE (quasi il 44%, il livello più alto dal 1995) arrivate a 7.168 euro annue pro capite.
Ora mi faccio una domanda. Se liberassimo il residuo fiscale, quanto potremmo correre di più e tornare a vivere? Ma la priorità è il ponte sullo Stretto e litigare tutti i giorni sugli sbarchi.