“Autonomia poco speciale”: o sovranisti o federalisti

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di STEFANIA PIAZZO – Autonomia autonomia per piccina che tu sia…. Ma non si può neppure affermare questo. Non si sa cosa sarà concesso come spazio di autonomia prevista dalla Costituzione, nella trattativa tra Lombardia, Veneto e il governo. Nel vedere i filmati di leader del Carroccio parlare di grande regalo di Natale (dopo l’annuncio di Conte che qualcosa ci sarà dopo il 15 febbraio), qualcuno ha persino detto che sembrava di assistere ad un annuncio con una pistola puntata. Della serie: sorridi e dì che sei felice del piatto di lenticchie. Poco o tanto, di speciale cosa c’è in questa autonomia? Cos’ha la Lombardia di speciale dopo il referendum consultivo? Il Corriere della Sera ieri in un fondo a firma di Ferruccio De Bortoli, torna sul tema delle pensioni, di cittadinanza, su quelle sopra i 1.522 euro che non verranno rivalutate chissà per quanto (ricconi, si intende, 1500 al mese è pensione d’oro) e titola,  Regioni prese in giro (occhiello) – Autonomia poco speciale.

Il poco è fondamentale. Perché correttamente De Bortoli passa in rassegna i ministri in cerca di autore, trasparenti come il poco del titolo azzeccato. “… del resto far convivere l’impronta sovranista della coalizione cin il sussulto nostalgico federalista, ammesso che ci sia ancora, di una sua componente equivale alla quadratura del cerchio. Un esercizio acrobatico (…). La ministra agli Affari regionali Erika Stefani ha parlato di un percorso nuovo per il trasferimento delle competenze alle Regioni. I presidenti di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, sono però preoccupati (…). Sanno che le resistenze provenogon dai ministeri a guida grillina. E non solo”.

E allora dove nascono le resistenze? La faccenda diventa interessante. La ministra alla Salute, Giulia Grillo, avrebbe dato risposte “ritenute irridenti dalla Stefani”. Ma attenzione: “Anche il titolare dell’Istruzione, Marco Bussetti, avrebbe fatto molte resistenze”. Perbacco, ma non è leghista? Amico di Giorgetti?

“Il paradosso politico è quello di due governatori leghisti, Fontana e Zaia, posti nella scomoda condizione di sperare che un governo amico non mandi all’aria un’intesa raggiumta con l’esecutivo guidato dall’odiato Pd. Nel suo libro “Il rito ambrosiano”, Maroni teme che si voglia mantenere lo status quo. “Salvini all’epoca dei referendum – scrive l’ex governatore – non si dannò l’anima. Anzi qualcuno sostiene (ma io non gli credo) che abbia fatto il tifo per il no”.

Chissà se al Corrierone arriveranno le smentite dei ministri interessati o se il ministro Bussetti,  si prodigherà in una difesa dell’autonomia scolastica, materia peraltro che già è prevista dalla Costituzione… anche senza il referendum…

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