di Roberto Bernardelli – Sono dati da secessione politica ed economica. Perché i numeri che ci offre Confcommercio ci dicono che il Nord è abbandonato al proprio destino, la Lombardia capofila della desertificazione sociale, umana, occupazionale. Siamo al default.
L’istituzione della zona rossa in Lombardia, con la conseguente chiusura di buona parte nei negozi, ha fatto crollare il settore tessile del 60-70 per cento e quello alberghiero dell’80. Lo ha comunicato ad Agenzia Nova Marco Barbieri, segretario generale di Unione Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza.
Capite bene la gravità. “A oggi il settore del pubblico esercizio ha un calo del cinquanta per cento del fatturato rispetto a novembre 2019, perché alcune attività possono fare consegne a domicilio o asporto. L’abbigliamento (in cui le consegne a domicilio non si vedono molto), a settembre aveva un calo del 40-50 per cento, che poi timidamente si stava riducendo, mentre ora siamo tornati al – 60/70 per cento su tutto il settore del tessile. Nel settore alberghiero siamo sotto almeno dell’80 per cento“, ha spiegato Barbieri, facendo riferimento ai territori di Milano, Lodi, Monza e Brianza.
Qual è il sostegno dello Stato a questa ecatombe? Aziende chiuse che non fatturano. Sacrifici chiesti ai soliti. Per questo il segretario di Confcommercio contesta il meccanismo con cui vengono assegnati i ristori: “Continuiamo a sostenere che bisogna ragionare sul fatturato e non solo sui codici Ateco, perché il tema non è semplicemente chi è aperto e chi è chiuso, ma è il calo del fatturato anche di coloro che sono aperti”, ha detto Barbieri, riferendo che “l’indennità media a fondo perso di un’impresa con il decreto Rilancio è stata di 1.950 euro, diventati 4-5mila con il decreto Ristori”, a fronte pero di “attività chiuse o riaperte al cinquanta per cento da marzo”.
Ci pare evidente che a fronte di una catastrofe senza precedenti, né la maggioranza né l’opposizione abbiano indicato la strada per uscire dalla guerra. Semplicemente contano i morti.
Il segretario generale di Unione Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza ha voluto fare chiarezza anche sul fatto che “il decreto Ristori bis non ha dato più soldi, ma allargato la platea dei beneficiari”. Se la Lombardia da zona rossa diventasse zona arancione, alcuni negozi, come quelli di abbigliamento, potrebbero riaprire. Di fronte a questa possibilità, Barbieri ha tenuto però a precisare: “Per noi l’aspetto prioritario è il tema sanitario. Apprendiamo da oggi che sembra che la curva incominci a scendere, ma non spetta a noi dire quando c’è una tutela della salute pubblica che sta migliorando e di conseguenza si possono allargare le briglie, perché non siamo del Comitato tecnico scientifico, non siamo virologi e non siamo medici”.
“Dopodichè – ha proseguito – è ovvio che per le attività commerciali prima si riapre in sicurezza meglio è. Vogliamo evitare tutti il più possibile di riaprire per la seconda volta e di dover chiudere per la terza”.
Bene, e ora diteci che dobbiamo fare della messa in sicurezza delle strutture alberghiere, della filiera del turismo su cui si basa la ricchezza di questo Paese. Gli incompetenti che ci governano hanno decretato dal loro palazzo che dobbiamo pagare noi. Che la proprietà privata, l’impresa, in questo paese, sono un reato. Prima lo hanno fatto con le tasse, ora decretando che al muro dobbiamo finire noi perché si salvino loro.
Onorevole Roberto Bernardelli – Presidente Grande Nord