“E con la volontà del popolo lombardo noi andremo a Roma a trattare per l’autonomia della Lombardia”, disse il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, all’approvazione del referendum consultivo per chiedere autonomia. Ma non è la prima volta. Forse non tutti ricordano che la rincorsa per sganciarsi da Roma era stata presa anche qualche anno prima, e con effetti pari allo zero. Governava Formigoni, la Lega governava la Regione più ricca d’Italia. E come andò a finire tutto il processo, allora più condiviso di oggi (senza 5Stelle)?
Le fasi
Dapprima nella seduta del 27 luglio 2006 il Consiglio regionale approvò un ordine del giorno, avviando la proposta di negoziazione con lo Stato
per l’attuazione dell’ art. 116, comma terzo, dell’ art. 117 e dell’ art. 119 della Costituzione. Poi, con una prima delibera della Giunta del 15 settembre 2006 (la n. VIII/003159), approvò il “documento di indirizzo per l’avvio delprocedimento di individuazione di ulteriori forme e di condizioni particolari di autonomia per la Regione Lombardia aisensi degli artt. 116, 117 e 119 della Costituzione”.
Poi, con delibera della Giunta Regionale del 7 novembre 2006 (n. VIII/003487), varò un documento di ricognizione dei possibili ambiti di attuazione dell’art. 116, III comma della Costituzione, da inviare al Consiglio, da parte del Presidente della Giunta, per l’approvazione ai fini del perfezionamento dell’intesa tra Stato e Regione. E andò a finire così.
Finalmente il negoziato
‟Regione e Governo si sono trovati il 30 ottobre 2007 a Roma per dare ufficialmente il via al negoziato per il trasferimento alla Regione di competenze sulla base del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, per l’applicazione del cosiddetto “federalismo differenziato”, racconta il sito della Regione Lombardia. Eravano nell’era del breve governo Prodi, da lì a poco la Lombardia avrebbe avuto come interlocutori proprio i ministri del Nord, dopo che Berlusconi riprendeva saldamente in mano Palazzo Chigi.
E del negoziato che ne fu? La Lombardia aveva ancora lo stesso governatore, Formigoni, gli stessi assessori e consiglieri, le delibere erano ancora pienamente efficaci. Che accadde col governo di Berlusconi e, anche, di Maroni allora ministro dell’Interno? Da ottobre 2007 a maggio 2008, quando ci fu il passaggio di mano, passarono pochi mesi, ma che ne fu dell’autonomia lombarda in quattro anni circa di legislatura di centrodestra, con un fior fiore di ministri leghisti?
Erano almeno dodici gli ambiti su cui la Regione aveva avviato il confronto con il Governo nazionale per chiedere maggiore autonomia:
– ambiente,
– beni culturali,
– giustizia di pace,
– organizzazione sanitaria,
– comunicazione,
– protezione civile,
– previdenza complementare integrativa,
– infrastrutture,
– ricerca scientifica e tecnologica,
– università,
– cooperazione transfrontaliera e
– sistema bancario regionale (casse di risparmio e aziende di credito a carattere regionale).
Intanto si iniziava ad aprire una porta e ad entrare in casa propria. L’intesa tra Governo e Regione Lombardia, con la quale si era dato avvio al negoziato per verificare “le condizioni di trasferibilità delle suddette competenze dallo Stato al governo regionale”, venne firmata il 30 ottobre 2007.
E poi? Come ebbe seguito con i federalisti e gli indipendentisti che oggi rivendicano con il referendum consultivo lombardo come strumento di persuasione e di trattativa con il governo Renzi orima e Gentiloni poi?
Ora anche il Veneto è in campo, questo farà la differenza? E lo farà soprattutto con una Lega salviniana che mette in testa “prima gli italiani”, senza distinzione tra autonomie, residui fiscali lombardoveneti che chiedono giustizia fiscale?