di MARIO DI MAIO – Essendo la magistratura soggetta “solo alla legge”, prima del “mitico’68” quando sorgevano dubbi circa l’applicazione delle norme penali si andava a “pescarne” la “ratio” nella relazione del guardasigilli che le aveva fatte approvare, e i dubbi si dissipavano. Ma a partire da quei “formidabili” anni, con la comparsa dei cosiddetti pretori “d’ assalto” si e’ “denunciato ” che il numero maggiore di trasgressori e quindi di detenuti apparteneva alle classi meno abbienti, realtà ritenuta sociologicamente “scorretta”. Le dispute politiche derivate hanno portato alla formazione di vere e proprie correnti ideologiche all’interno del sistema giudiziario e quindi una interpretazione “partigiana ” delle norme indipendentemente dall’intenzione del legislatore. Col passare degli anni il soggettivismo giudiziario si è consolidato e oggi ci troviamo sempre più spesso di fronte a sentenze sconcertanti, cioe’ come quella della Cassazione che ha stabilito che agli immigrati clandestini vanno riconosciute “a prescindere” le attenuanti generiche. E quotidianamente ci troviamo a passeggio con criminali prevalentemente stranieri inaspettatamente scarcerati. Inoltre in diverse occasioni viene negata la loro estradizione ad altri Stati con motivazioni non sempre convincenti. Naturalmente la situazione e’ ormai ben conosciuta all’estero ed e’ questo uno dei principali motivi per cui veniamo invasi. Anche gli avvocati festeggiano, ma li paghiamo noi.