La motivazione che peraltro è alla base del rigetto della Costituzione – da ritenere illegittima perché priva di un suffragio popolare – ,di ogni opzione federalista e federativa, perpetrato da quella scellerata assemblea costituente si può riassumere così: “ Certamente l’Italia è un conglomerato di popoli, certamente l’Italia è caratterizzata da Regioni con tasso di sviluppo molto differente e con tradizioni civiche e di autogoverno che in alcune di esse sono praticamente inesistenti. Pertanto un assetto federativo, o comunque a forte impronta di autonomia regionale, risulterebbe nel medio periodo in una divaricazione così profonda da determinare la spaccatura dell’assetto statale con la fuga delle Regioni più forti e il precipitare di quelle più deboli in una condizione di povertà endemica e di sottosviluppo. Pertanto occorre uno Stato con forte potere centralizzato e con la potestà ad imperio così forte da operare in profondità una redistribuzione della ricchezza dalle regioni ricche a quelle povere. E, questa vera e propria estorsione civile prima ancora che economica è stata mascherata con la parola solidarietà. L’articolo 5 della Costituzione riflette quella filosofia politica e questa indissolubilità repubblicana. Sembra proprio una nemesi storica che periodicamente colpisce chiunque in questa dannata terra italica osi aprire il vaso dei pandora che si chiama libertà. Dunque!
Nessun diritto all’autodeterminazione
Ma quale diritto di autodeterminazione, ma quale diritto all’autogoverno. Ma quale diritto a determinare il futuro di sé e delle proprie famiglie e delle proprie comunità! Costruire una strada, costruire una scuola, costruire un marciapiede stabilire se un cittadino abbia i titoli di risiedere in un Comune o in una Regione, insegnare a scuola la storia della propria comunità, costruire un ospedale e via di seguito per altre mille decisioni che impattano la nostra vita quotidiana, non è materia di chi dovrà poi beneficiare di quelle decisioni.
Tutto ciò che pure riguarda la vita quotidiana è materia di uno Stato che oltre ad essere lontano ha preventivamente provveduto ad estorcere tutte le ricchezze prodotte riducendo le comunità Locali e Regionali alla condizione di quel miserando suddito che spogliato di tutto deve ricorrere alla elemosina del Signore di turno per sopravvivere. Siamo così tornati allo Sceriffo di Nottingham! Altro che federalismo siamo regrediti al feudalesimo!
L’intellighenzia collusa
Farei torto ai Lombardi, e debbo dire ai Veneti, se insistessi ad aggiungere altri elementi ad una inaccettabile ed intollerabile situazione. La comunità lombarda è sola, la gente che lavora e vive onestamente è sola, la stessa intellighenzia che dalla Lombardia, peraltro trae la propria ricchezza è totalmente collusa con il potere centrale, del quale elemosina qualche residuo del suo lauto pasto.
Di chi è la o le responsabilità di questa catastrofe umanitaria prima ancora che politica? Certamente anche del popolo, di quel popolo lombardo (per nascita o per adozione) che ahimè da sempre è così sprofondato nella ristretta prospettiva del lavoro, con la testa così piegata a produrre, spesso con le mani e solo con le mani, da non vedere e quindi da non capire le opportunità di governare ciò che viene prodotto ma sopratutto da non comprendere e quindi prevenire le minacce alla sua indipendenza al suo autogoverno.
Ma la più grande delle responsabilità ricade, storicamente, sulla classe dirigente lombarda che nel corso dei secoli e ancor più manifestamente oggi, ha tradito la sua gente, il suo popolo. Un tradimento senza appello come purtroppo la storia testimonia con infausta e triste abbondanza di eventi. Ne citerò due fra i tanti a cui fare riferimento perché entrambi accomunati da una evidenza storica che rende quel tradimento ancor più nefasto per la nostra gente di oggi.
I due tradimenti
Entrambi (i tradimenti) si sono perpetrati, ovviamente ai danni dal popolo, nella più favorevole delle circostanze storiche: la formazione e la nascita di uno Stato sulle macerie di quello precedente. Mi riferisco alla annessione sabauda del 1859 e alla scellerata decisione del CNL del 1945 di impedire la formazione di autonomie federate nella penisola italiana. In altra sede l’Associazione ROTARI documenterà meglio e con dovizia di dettagli questi due miserabili tradimenti. Giova solo ricordare che in entrambe le vicende storiche (ormai anche quella del 45 è storia) fu il popolo (quello che lavora con la testa piegata) a sopportare il peso della lotta armata e non la classe dirigente che poi seduta al tavolo di metternicchiana memoria ordì il tradimento.
La borghesia che apre le porte
Nel 1859 l’annessione sabauda della Lombardia fu possibile perché la grande borghesia (e il relativo nobilitato) scelse di accodarsi ai Savoia dietro la garanzia di poter contare su una tassazione della rendita dei grandi latifondi molto più bassa di quella che imponeva il catasto austriaco. Dietro però quella tassazione più alta stava la volontà, da parte austriaca, di favorire lo sviluppo di una moderna agricoltura capace tra l’altro di consentire ai mezzadri di ricavare un reddito più alto e una più larga autonomia nella gestione del loro prodotto agricolo. Incidentalmente si deve anche ricordare che le stesse Istituzioni amministrative e politiche in vigore nella Lombardia pre-unitaria, e facente parte del Vicereame Lombardo Veneto nell’ambito dell’impero Austro-Ungarico, erano considerevolmente più avanzate e ben più strutturate in senso di autogoverno locale, di quanto non fossero quelle sabaude del tempo. Ma quale risorgimento italiano!
L’annessione? In lingua francese
E pensare che lo stupro alla coscienza lombarda venne perfino dai documenti, con i quali V. Emanuele II sanciva l’annessione, redatti in lingua Francese. Nelle scuole di Lombardia si dovrebbe riproporre come strumento di ripristino della coscienza Lombarda quella formidabile testimonianza della coscienza di popolo che fu l’insurrezione di Milano del 1848, così ben tramandataci dal grande Carlo Cattaneo, che badate bene fu costretto a scriverla esule a Parigi. Impresa di liberazione che Cattaneo visse in prima persona ma che vide dietro le quinte la trama di canagliesco tradimento della grande borghesia guidata dai Casati, dai Borromeo ed altri a favore di Carlo Alberto. Tutto poi fallito miseramente per la vigliaccheria e l’ignavia del Re (si fa per dire, dal momento che quel titolo di Re era del tutto illegittimo e dovuto allo scambio tra Sicilia e Sardegna, quest’ultima si insignita del titolo di Reame) che se ne stette in panciolle a Novara in attesa che i Lombardi se la sbrigassero da soli con gli austriaci.
Provincia del Regno di Sardegna
Sembra quasi una premonizione di quello che l’ancor peggiore V. Emanuele III combinò tra il 25 luglio e l’8 settembre del 1943. Così dunque si comportò la grande borghesia lombarda nel 1848 e di peggio fece nel 1859 come abbiamo già visto sopra. In entrambi i casi consegnò l’intera Lombardia allo straniero e ne fece della Lombardia una provincia del Regno di Sardegna. Ripeto a carattere cubitali “PROVINCIA DEL REGNO DI SARDEGNA” Fino al 1861 tutte le nazioni preunitarie della penisola italiana compreso il regno di Napoli e di Sicilia furono annesse nel Regno di Sardegna.
Caro popolo della Lombardia bisogna proprio essere del tutto inconsapevoli vittime per sopportare una tale sfregio politico e storico. Naturalmente le cose andarono in modo un poco più complesso ed articolato. Già allora le vicende politiche avevano come principale palcoscenico l’Europa e i conflitti per la supremazia regionale fra la mittel Europa di matrice germanica, la Francia imperiale post napoleonica e lo sterminato Impero Britannico. E in tutto questo gioco, in parte diplomatico ed in parte bellico, i comuni interessi Franco-Britannici favorivano la nascita sul fianco sud di una potenza militare capace di imbrigliare l’impero austroungarico tenendolo impegnato lontano dai giochi principali che riguardavano il Centro Europa, anche per l’emergere prepotente della potenza prussiana.