di Riccardo Pozzi -Eccolo qua. Eravamo quasi in pensiero ma alla fine è arrivato. Dopo tanto pellegrinare, dopo le più circensi giravolte politiche, dopo il definitivo affossamento di ogni autonomia regionale e responsabilità territoriale, dopo tutto questo è arrivato il vecchio, caro “Rilancio del Sud”.
Niente di nuove, s’intende. E’ il solito “grande piano di investimenti per il riscatto del mezzogiorno”, uno dei tanti con cui abbiamo visto irrorare a pioggia le regioni da rilanciare, senza assistere ad alcun risultato concreto, se escludiamo quelli elettorali.
Un’altra carota della crescita da sventolare come alibi al crescente divario storico tra le due italie.
Ormai generazioni di studiosi, tra i più noti Edward Banfield e Robert Putnam, hanno sviscerato le cause del ritardo civico ed economico delle regioni nel suditalia. E tutti concordano sulla completa inutilità di insistere con iniezioni di denaro, senza previa preparazione del terreno sociale che dovrebbe accoglierlo.
Il sud non ha bisogno di capitale economico, che fatalmente tenderà a finire in assistenzialismo o spartito dalla criminalità organizzata, ma di capitale sociale, di fiducia nelle istituzioni, in civicness.
Ormai il “familismo amorale” di Banfield è stato superato dal familismo corporativo, da quello statalista, da quello para assistenziale e da mille altri rivoli di parassitismo organizzato.
Lo Stato nel nord fa la faccia dura e impositiva del vessatore ottuso, mentre nel sud è distratto, connivente, latitante se non addirittura complice.
Per questo anch l’ultimo “Grande Piano per il Sud” avrà lo stesso esito degli innumerevoli che lo hanno preceduto.
Andrà a riempire le tasche sbagliate, favorirà la partenza delle braccia più volonterose e dei cervelli più brillanti. Continueremo a vedere incendi dolosi anche mettendo un forestale ad ogni albero, registreremo nuovi record di invalidità civile senza che una sola commissione medica finisca sotto indagine, seguiremo l’indignazione dei TG quando le processioni si inchineranno sotto i balconi dei boss e accenderemo le torce per nuove fiaccolate contro le mafie.
Ma, purtroppo, nulla cambierà. Perché Conte non è meglio di De Gasperi, è solo meglio vestito.