Si può dire che nulla è più come prima? Forse. Anni fa ci si interrogava sul perché il Pd non vincesse al Nord. La sua vecchia classe politica non comprendeva la questione settentrionale, si diceva. Oggi, a distanza di anni, si afferma il centrodestra che non ha mai portato la questione settentrionale in campagna elettorale. Semplice alternanza destra-sinistra.
Siamo sempre del parere che chi vince al Nord governa. E’ sempre stato così, solo che oggi l’ordine dei fattori si è invertito: ieri Berlusconi parlava a operai e imprenditori con lo stesso linguaggio. Poi lo ha fatto Renzi, infine l’elettore per stanchezza tira a sorte, si fanno vincere un po’ per uno… Poi per andare a governare il Nord è stato messo da parte da Salvini.
E l’anima autonomista del Nord con tutte le sue ragioni schiacciate dal renzismo prima e dal salvinismo ora, dove troverà una patria politica?
Ci eravamo già chiesti, in tempi non sospetti, se esista sulla piazza di governo “un soggetto politico in grado di parlare la lingua del Nord, di incarnarne il tormento sociale, di coglierne il senso, gli umori persi nella nebbia, nella pancia. O la questione settentrionale resterà irrisolta ancora una volta, bella, affascinante ma seppure addormentata, ancora incompiuta, ingabbiata da promesse tattiche?
Chi è l’interprete di una rappresentanza disorientata dalla crisi, dalla libera uscita sui temi etici, come se il territorio fosse una matrioska economica e il resto non ci interessa? Marco Alfieri con il suo “Nord terra ostile. Perché la sinistra non vince”, ripercorreva nell’indigestione del linguaggio della vecchia sinistra l’incapacità della nomenklatura di avvicinare senza paraventi ideologici imprese e operai, che sono sulla stessa barca”.
A distanza di anni, la questione è irrisolta, ma la rabbia viene ingabbiata dalla nuova democrazia cristiana del centrodestra, la Lega.