di ROBERTO PISANI – Caro Beppe ti scrivo non da politico ma da padre a cui la vita, 18 anni fa, ha regalato una figlia meravigliosa. Sinceramente un po’ ti capisco: hai costruito sulle provocazioni e della battute borderline tutta la tua carriera, tutta la tua fortuna.
Mi piacevi, molto, anche quando mamma Rai ti ha esiliato e tu, per continuare a lavorare, sei stato costretto a bussare alle porte della tv della Svizzera Italiana, che ben volentieri te le ha aperte. Non esisteva ancora internet, o meglio era agli inizi, e a noi arrivano solo piccoli spezzoni dei tuoi spettacoli nei teatri che tu puntualmente riempivi durante i quali ti scagliavi contro il consumismo usa e getta rappresentato allora dai produttori degli spazzolini da denti, rei, a tuo avviso, di non crearli con la possibilità di cambiarne solo le setole, contribuendo così all’inquinamento dei mari, causato dall’eccesso di plastica. Oppure quando denunciavi, durante i tuoi spettacoli, che i computer avrebbe preso il sopravvento sull’uomo, distruggendo decine di terminali e di monitor sul palco. Ironia della sorte qualche decennio dopo proprio quei computer e la rete che li collega hanno costituito la fortuna della tua seconda vita pubblica, quella politica.
Mi piacevi.
Questo infatuamento però ha iniziato a venir meno quando “sei sceso in campo”, per usare un termine caro al tuo nemico giurato, e guarda caso sempre di tv si parla (un caso?) Berlusconi, senza mai scendere in campo direttamente ma mandando avanti gli altri. Opportunismo? Mah.
Però sei rimasto sempre come padre “nobile” (?) del movimento, riprendendo i tuoi spettacoli profumatamente pagati, giustamente, che da politico impegnato in prima battuta non avresti mai potuto fare.
Mi piacevi, ma sempre meno.
E dopo il tuo show di domenica a Roma non mi piaci più. Non tanto perché hai detto sul palco, in camicia nera di triste memoria, che bisogna togliere i poteri al capo dello stato perché non allineato, perché per quello che è il mio pensiero politico il capo dello stato non dovrebbe nemmeno averne di poteri, anzi per la mia visione di stato non dovrebbe nemmeno esistere, ma per quello schifoso paragone che hai fatto usando le persone autistiche per attaccare i “filosofi” che vanno in tv a pontificare, un po’ come fai sul palco.
Vedi Beppe, adesso senza voler pontificare, ti spiego una cosa: le famiglie che hanno la fortuna di avere al loro interno delle persone fantastiche che per la società sono considerati dei problemi, solo perché considerati “diversi”, non hanno voglia di essere strumentalizzate per uso e consumi di chi, per una manciata di voti in più, sceglie di provocare a tutti i costi, cavalcando il populismo più becero, col solo scopo di arringare le folle, dimenticandosi tante volte di collegare il cervello.
Noi, e te lo posso assicurare, abbiamo problemi più seri. Il nostri pensieri sono rivolti a quando noi genitori non ci saremo più, ad un sociale sempre più messo in difficoltà dalla mancanza di fondi, ad un welfare insufficiente a far fronte alle legittime richieste ed aspettative di questi fantastici ragazzi. Ecco Beppe, se dai retta ad uno che non capisce niente, come si dice dalle nostre parti, la prossima volta non perdere l’occasione ed invece di attaccare a tutti i costi i filosofi “nemici” che vanno in tv a pontificare (da che pulpito) parla di fatti concreti, invita i tuoi ministri, che pendono dalle tue labbra (anche perché devono accendere un cero tutte le mattine e in caso contrario dovrebbero trovarsi un lavoro), a fare proposte di legge serie, affidabili, che affrontino veramente il problema.
In fondo non è difficile: basta collegare il cervello.