/

  25 luglio 1943, muore il fascismo. Non fu un errore di percorso ma l’autobiografia di una nazione

ducedi ROMANO BRACALINI –   Caduto il regime, il paese si scopre strenuo avversario del regime. Nelle piazze si abbattono i ritratti del duce. Si inneggia alla libertà “riconquistata”. Ad un tratto, scrive Leo Longanesi nel suo libro “In piedi e seduti”, “dimentichiamo di aver seguito o almeno ubbidito a Mussolini, e che il buon tiranno, cadendo, ha portato con sè venti anni della nostra giovinezza”.

C’è qualcosa d’altro che non si dice, o che si ha paura di dire: non è morto soltanto un regime ventennale ma la stessa ideologia risorgimentale che lo ha ispirato: militarismo da parata,spirito di conquista e di potenza, abolizione d’ogni regola civile; tutto finito nella polvere e nella vergogna. Non importa quel che siamo stati, ma quel che volevamo essere. D’ora in poi il paese sarà impegnato in una gigantesca opera di rimozione. E’ nota la lista degli intellettuali, artisti,giornalisti, cineasti, docenti universitari sul libro paga del regime, amplificatori del verbo, esegeti di dottrina, teorici del razzismo, autori di inni e di suppliche per quieto vivere e per tornaconto, massa d’urto disciplinata e fedele della propaganda passati dall’oggi al domani al PCI e all’antifascismo militante.

E lì accucciati, e nuovamente protetti, nascosero finchè poterono gli scritti compromissori e i ripetuti cedimenti e insomma il segreto, divenuto ingombrante fardello d’ignominia, della loro milizia fascista, e quando essa diventerà nota e lampante, senza che vi fosse stata costrizione, l’attribuirono alle circostanze che rendono succube e vile la coscienza (Norberto Bobbio), oppure riducendola a mero errore di gioventù. Mentivano .Nessuno carpì la loro buona fede.

Nel fascismo avevano visto la matrice antiborghese, proletaria, rivoluzionaria, l’impulso innovatore che poi “riscoprirono” nel PCI. Diventarono comunisti grazie alla militanza fascista che aveva insegnato loro il disprezzo della democrazia liberale.

La lista degli “antifascisti” inconsapevoli, ma tutti dopo la caduta del fascismo, comprendeva il fior fiore della gioventù benestante e borghese, che aveva fatto i Littoriali, i corsi di dottrina del regime, scriveva sui fogli del Guf  (Gruppi universitari fascisti), su “Primato di Bottai e sull’Assalto di Pini: da Franco Calamandrei, l’organizzatore nel 1944 dell’attentato di via Rasella a Roma, a Giaime Pintor, fratello di Luigi, il fondatore del Manifesto, a Giorgio Napolitano, futuro presidente comunista della repubblica, eppoi Vittorini,Vecchietti, Zagari, Preti, Ingrao, Aicata, Moro, Fanfani, Zaccagnini,

Taviani, Bufalini, Renato Guttuso, Luchino Visconti; Paolo Grassi, Alfonso Gatto, Vasco Pratolini, Eugenio Montale, Cesare Pavese, Davide Lajolo, PaoloMonelli, Giorgio Bocca, Mario Missiroli ed altri.

Tutti a protestarsi fieri antifascisti a babbo morto, nella gigantesca catarsi nazionale, in cui a causa della loro turpe doppiezza, della loro incostanza e piaggeria, il paese nato dal Risorgimento, con intenti bellicosi e autoritari, sarebbe naturalmente sfociato nel fascismo, il regime che meglio di tutti gli altri lo avrebbe rappresentato: e gli italiani servi abbietti seguaci e adoratori del vincitore di turno. Il fascismo non fu un errore di percorso, “l’autobiografia della nazione”,come dirà la concisione di Piero Gobetti, massacrato dal regime.

Print Friendly, PDF & Email
Articolo precedente

E' finito anche l'impero romano, finisce anche chi non vuole l'Europa

Articolo successivo

Lavoriamo di più, guadagniamo di meno. Chi ci ha messo il cetriolo in quel posto?