24 maggio 1915. E l’Italia attaccava il Tirolo…

tirolo

Almeno quella volta il Regno d’Italia consegnava la dichiarazione di guerra. Non come nel 1848 contro l’Austria o nel 1860 contro il Regno delle Due Sicilie. Ma non potevano fare altrimenti: i loro nuovi alleati lo pretendevano. Per non essere troppo innovativi tuttavia, gli italiani evitarono di dichiarare guerra alla Germania fino all’agosto del 1916, indispettendo soprattutto i francesi.

Grande Guerra 3

 

 

Per una settimana, il Regno d’Italia fece parte di entrambe le alleanze: la Triplice Alleanza (con l’Austria-Ungheria e Germania) e con la Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia). In uno dei più falsi discorsi della Storia, nel mese di giugno, Salandra enunciò al Parlamento i pretesti di guerra del Regno d’Italia contro l’ex alleato austriaco, tutto a causa del patto segreto di Londra che verrà denunciato da Lenin soltanto nel 1917, quando apparve su un giornale svedese.

Dopo il 26 aprile – data dello scellerato Patto di Londra -, l’esercito austriaco fece una controffensiva in Galizia riprendendo tutte le posizioni ed anche di più. Saladra scrisse nel suo diario che se lo avesse saputo, l’Italia non avrebbe dichiarato guerra all’Austria.

Le armate austriache sembravano distrutte con quasi 2 milioni di perdite ed oltre 800 mila morti (tantissimi tirolesi), ma si riorganizzarono con i pochi ufficiali di carriera superstiti e con i riservisti. Già poche ore dopo la dichiarazione di guerra italiana, tutta la flotta con tutte le corazzate vecchie e nuove, aveva preso il mare per bombardare una decina di obbiettivi dalla costa veneziana a quella pugliese. Fu affondato uno Zerstörer tricolore, un altro era scappato per un pelo.

L’esercito italiano era convinto di fare un solo “boccone” delle terre austriache di lingua italiana, dopo i disastri bellici del 1914 e dei primi mesi del 1915. Il generale Cadorna aveva pianificato di mandare la II Armata direttamente a Vienna e la III Armata a Budapest… Ma non fu così.

“La miglior gioventù italiana” (come si diceva) fu costretta a combattere contro chi non voleva la loro “redenzione”. Infatti, la maggioranza assoluta dei soldati italiani non voleva la guerra contro l’Austria e la Storia è testimone del massacro di migliaia di giovani italiani morti con l’accusazione di “tradimento”. I disertori erano tanti perché avevano capito che erano soltanto il mezzo per promuovere la guerra di agressione dei Savoia…

Presto l’esercito italiano aveva capito che le popolazioni del Tirolo (Trento), del Litorale e della Gorizia non volevano l’Italia perché la gente si sentiva austriaca.
E basta pensare che in tutta l’Italia i volontari furono 8.000 uomini. Solo nel Tirolo Italiano furono 12.000 i volontari per difendere il confine austriaco.

Subito dopo la dichiarazione di guerra italiana, il trentino Cesare Battisti, deputato austriaco a Vienna e spia per l’Italia dal 1904, ha preferito andare oltre il confine austriaco e si arruolò nell’esercito italiano in quanto soldato alpino. Ha combattuto contro i suoi connazionali e venne catturato sul Monte Corno da Cacciatori Imperiali (Kaiserjäger) sotto la guida del cadetto Bruno Franceschini, tirolese della Val di Non. Battisti venne catturato con un’altro irredentista, Fabio Filzi. Due tirolesi di lingua italiana vengono catturati da tirolesi di lingua italiana come loro, austriaci come loro. Durante il percorso verso Trento, i soldati hanno dovuto cambiare strada perché il deputato Battisti non venisse giustiziato dalla popolazione che lo chiamava “traditor” e “responsabile della guerra”.

Già il 27 maggio 1915, i volontari del Tirolo Italiano impegnarono la I’armata tricolore ad Ala, rallentandone l’avanzata. Si trattava delle Compagnie Schützen di Ala e di Borghetto, con quasi 700 uomini e 170 gendarmi. Era gente più giovane di 19 anni e più anziana di 52, tutti gli uomini di leva erano già in Galizia. Volontari tirolesi di lingua italiana che difendevano le loro case. Subito dopo, iniziarono gli scontri sull’Isonzo ed al confine Carinziano.

Nel 5 (e non il 3) novembre 1918 entrarono a Trento i primi reparti di militari italiani, dopo l’armistizio e dell’entrata dei militari inglesi che dovevano “preparare” la città perché ci fosse un’entrata “triunfale”. Il Tirolo Meridionale passava così dall’ex Impero Austriaco al Regno d’Italia.

Fino ad oggi esistono pochissime pubblicazioni che hanno messo in luce l’impegno dell’esercito italiano in territorio austriaco nel periodo che va dall’armistizio di Villa Giusti sino al 1920. Poche sanno che le truppe italiane, come previsto dalle clausole del Trattato di Saint Germain del 1919, occuparono sino al 1920 – con un notevole sforzo militare – tutto il Tirolo (compresso Innsbruck) per mantenere l’ordine pubblico, recuperare le armi esistenti ancora negli arsenali del disciolto esercito austriaco e per controllare la situazione politica dopo la caduta dell’impero asburgico.

Un documento sorprendente è senza dubbio la memoria del capitano Pietro Stoppani, del 5º reggimento Alpini, componente della delegazione italiana inviata a Parigi dal governo per la firma del Trattato di Pace, nella quale l’ufficiale racconta con dovizia di particolari, come fosse stata offerta dalla Dieta tirolese di Innsbruck al re Vittorio Emanuele III la corona dell’intero Tirolo, onde evitarne lo smembramento come previsto invece dal Patto di Londra.

Quando Pietro Stroppani torna in Italia ha riferito fedelmente ai membri del governo quanto aveva sentito dai rappresentanti della Dieta Tirolese. E la risposta fu negativa perché gli italiani, dopo il faticoso regolamento della questione del Brennero, non volevano problemi con gli americani, sopratutto con il presidente Wilson. Infatti l’Italia non ha nemmeno inviato una risposta alla Dieta Tirolese.

Questi furono gli anni che videro la dolorosa divisione del Tirolo e la sua separazione dalla Madrepatria, evento per il quale scrisse il giurista tirolese Eduard Reut-Nicolussi (Trento, 1888 – Innsbruck,1958):
“L’Italia non ci ha mai vinto. In tre anni e mezzo di lotta, non riuscirono a conquistare un solo palmo di terra Tirolese (…) Con ben giustificato orgoglio noi potemmo sempre affermare: a parità di forze è facile opera per noi sconfiggere codesto nemico. Eppure tutto finì nella rovina e nella disfatta.”

Della quarantina di Compagnie di Bersaglieri (Schützen) del Tirolo Italiano esistenti nel 1915, non esisteva più nessuna nel 1919 (dopo l’arrivo della “redenzione” fatta con la forza). Ecco perché l’espressione popolare “taliani ciapadi col s-ciòp” non fu mai casuale…

L’opera di cancellazione culturale e storica promossa dal Regno d’Italia (sopratutto durante la dittatura fascista) fu terribile, ma oggi vediamo che la metà delle compagnie Schützen è stata rifondata, dimostrando così una rinascita dell’identità tirolese mai finita oltre tante difficoltà e incomprenssioni…

Come si sa, la storia di Trento non si è iniziata nel 1918. Oggi sono tantissimi i giovani (e non solo) che scoprino la storia tirolese e capiscono che questa è anche la loro storia perché la storia dei loro nonni, dei loro antenati. Capiscono che un un popolo senza storia è come un albero senza radici.

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