Il Meglio de lindipendenza
di GIOVANNI POLLI – Esattamente ventidue anni fa, in queste ore, un milione e mezzo di persone si trovavano lungo il Po, per dare corpo e vita al più imponente fenomeno di indipendentismo di massa mai visto nello Stato italiano dal momento della sua sciagurata fondazione: la marcia sul grande fiume per la Dichiarazione di Indipendenza della Padania.
Risparmiatevi pure le risatine sulla cifra che ho indicato. Se un personaggio come Gad Lerner, tempo fa, ha ammesso da Radio Padania che le balle di regime sui “quattro gatti” erano, appunto, balle solenni, provate allora ripensare a quante balle vi sorbite quotidianamente dalla stessa “informazione” addomesticata mainstream, convinti che siano cioccolata mentre invece si tratta di ben altra sostanza.
Lerner ha raccontato di essere salito, quel giorno, sull’elicottero dell’Avvocato Agnelli che l’aveva voluto con lui per osservare insieme dall’alto quello che effettivamente stava accadendo. E i “gatti”, ha dovuto ammettere, erano davvero tantissimi, una fila sconfinata e interminabile lungo tutte le rive del Po.
Se invece volete gustarvi ancora le “verità della televisione”, fate pure. Liberi tutti di farsi prendere per il naso e per il palato come vogliono e quanto vogliono. De gustibus non disputandum est.
Per comprendere come le valutazioni in merito alla subalternità dei popoli padano-alpini al regime italiano siano sempre attualissime, anzi di più visto che oggi la situazione è PEGGIORATA (in modo esponenziale dal 2011 con i governi direttamente agli ordini della Troika e con le riforme costituzionali renziane neocentraliste) e che le istanze politiche di vent’anni fa siano sempre più attuali, invito chi volesse riflettere a riascoltare le parole di un lucidissimo e determinatissimo Umberto Bossi pronunciate in quel momento. Le trovate nel link qui sotto.
Restano le valutazioni personali, esistenziali, emozionali. Bene, chi scrive è parte in causa non di secondo piano dal momento che si prese quindici giorni di ferie per lavorare, come volontario, all’ufficio centrale di Via Bellerio che organizzava l’imponente kermesse, guidato da Giulia Landoni. Una scelta che mi avrebbe cambiato la vita, personale e professionale, e che se rivivessi altre mille vite rifarei altre duemila volte.
E poi, in quei tre giorni, visitai diverse location sul Po, per vedere in prima persona quello che stava accadendo e partecipare all’entusiasmo collettivo. Non lo dimenticherò mai. Ma tanto era l’entusiasmo nel vedere i popoli che si svegliavano dal torpore, tanta la rabbia nel vedere il regime che somministrava cioccolata finta e puzzolente tramite la sua propaganda per nascondere la realtà. Per tacere della rabbiosa reazione del regime per via giudiziaria.
Tanta la delusione nel vedere, oggi, quel che è rimasto di quel sogno, anche nello stesso movimento politico che lo propose? Forse. Ma arrendermi MAI. Non certo un pentimento, un rimangiarsi scelte e impegni, uno o tanti passi indietro sul fronte dell’idea e degli ideali. Tutt’altro.
Rimanessi anche da solo, rifarei quel giuramento esistenziale e politico al tempo stesso. Perché il sogno di libertà DEVE ESSERE SEMPRE un IMPEGNO CONCRETO per la libertà. Di tutti quanti credono ancora che lottare per schiantare le catene morali, culturali, politiche, esistenziali sia non solo possibile ma anche doveroso.
Ammesso che ci rimanga ancora un po’ di sangue nelle vene e dentro di noi non sia tornato il deserto.