Entro a casa Schiavon in punta di piedi, con più dubbi che domande; dubbi sull’opportunità di una visita che pare sconveniente anche ad un cronista. Incontro Daniela Franchin, vedova del titolare di Eurostrade 90, l’ennesimo imprenditore veneto che si è tolto la vita per quello che alcuni commentatori hanno definito un «eccesso di etica», ma che somiglia più a un difetto di sistema. «Non ho alcuna voglia di fare interviste – esordisce la signora Franchin – Tuttavia ho deciso di parlare, perché questa tragedia serva a qualcosa. Perché aiuti a smuovere un sistema italiano che non va e che non ha ragione di esistere». Poche parole che danno senso al nostro incontro: l’unico modo per rispettare il gesto di suo marito, di un lavoratore che ha creato ricchezza per sé e per il territorio, è smascherare le falle del sistema che l’ha ucciso.
Daniela Franchin non è un’indipendentista, né ha mai sostenuto movimenti anti-italiani. E le sue parole, che chiunque potrebbe strumentalizzare, meritano di essere riproposte per quelle che sono: le parole di una donna che, suo malgrado, è vittima di un apparato che non premia il lavoro, l’impresa e l’onestà di chi giorno per giorno si confronta con le sue regole e i suoi inganni. Un sistema che fa della complicità fra portatori di interessi diversi, ma mai configgenti, il suo punto di forza.
«Non avevo idea di quale fosse la condizione di Eurostrade 90 – spiega – Mio marito mi aveva sempre tenuta all’oscuro di tutto. Non voleva farmi preoccupare». Sua figlia Flavia, invece, era al corrente della situazione. Sapeva che Giovanni Schiavon (nel riquadro) vantava crediti inesigibili per centinaia di migliaia di euro da aziende per cui aveva lavorato in subappalto. Imprese ad alto capitale che, dopo aver ottenuto contratti pubblici, si erano rivolte ad Eurostrade 90, un’azienda la cui professionalità era nota ben oltre i confini del provincia padovana, dove aveva sede.
«I lavori erano puntualmente svolti a regola d’arte. E non solo per merito di mio marito, ma anche dei suoi dipendenti, che lui trattava come dei collaboratori». A tardare erano i pagamenti: «il patto di stabilità c’entra e non c’entra – chiarisce – Per quanto ne so, nella maggior parte dei casi le pubbliche amministrazioni avevano saldato i loro debiti, ma poi le aziende subappaltanti non avevano fatto altrettanto con noi. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, il capitale dell’azienda di mio marito è stato eroso. Prima si è ritrovato ad inseguire ditte che chiudevano, salvo poi riaprire con un nuovo nome. Poi gli hanno offerto degli spiccioli per chiudere i conti. Addirittura il 5% del dovuto, ma lui ha rifiutato».
La mancanza di liquidità logora Schiavon, che ha un’unica grande preoccupazione: «non voleva i soldi per se stesso. Prima di tutto si sentiva in dovere saldare fornitori e dipendenti. Era una persona onesta, aveva dei valori che oramai si sono persi. Valori che non ci sono nella società, ma nemmeno nello Stato». Uno Stato a cui la signora Franchin ammette di credere poco: «con mio marito avevamo parlato del cambio di Governo. Il suo giudizio era negativo: diceva che chiunque avrebbe potuto prendere soldi così, tassando sempre gli stessi». Anche le banche avrebbero una grande responsabilità secondo la moglie di Schiavon: «in periodi di vacche grasse avevano accolto volentieri utili gli utili dell’azienda e i nostri risparmi, ma poi hanno chiuso le porte senza pensarci tanto. Sono state le prime a voltare le spalle, chiedendo il rientro dei prestiti».
Il 12 dicembre scorso Schiavon, dopo aver incassato un assegno per l’asfaltatura di un marciapiede, corre da un fornitore e lo liquida. Poi, raggiunta la sede di Eurostrade 90, a Peraga di Vigonza, si toglie la vita. «Questa morte non può e non deve passare dimenticata. I riflettori restino accesi. E soprattutto i colleghi di mio marito, imprenditori e artigiani, vadano avanti. Occorre convincere chi ci governa, anche con gesta eclatanti, che il lavoro deve essere premiato, che i pagamenti devono essere garantiti, che l’impresa va aiutata, non distrutta».
UN MOMENTO DEL FUNERALE